Mentre passava la quarta settimana d’agosto, mio Padre tornava al lavoro. Le giornate erano diverse, continuavamo a pescare, a inerpicarci sulle dune, a giocare a carte la sera dopo lunghi bagni di mare. Tenevo il sale addosso e si vedeva sulla pelle scurissima. Non pensavo ancora alla casa di città. Gli amici dispersi dovunque. Per i racconti sarebbe bastato settembre. Il pomeriggio, nelle ore bollenti, quando non si riusciva a fuggire, stavo disteso nel letto a guardare la danza della polvere e degli acari nella luce. E in quel raggio che si faceva strada tra le imposte accostate, sembrava ci fosse un mondo mai fermo che era solo desiderio senza oggetto. Ma era la vita che premeva ovunque e beveva la realtà d’un sorso. Solo il desinare, senza mio Padre a commentare, sembrava meno sapido e noi più soli.