Io ero orgoglioso di mio Padre, del suo non essere stato fascista quando gli altri lo erano, di averne avuto gli svantaggi ma anche la serenità di essere se stesso. Ero orgoglioso che non avesse mai amato le gerarchie e i comandi, mi piaceva la sua ironia sulla vita militare e sul praticare la libertà anche quando l’obbligarono ad andare al fronte o lo stavano deportando in Germania. Ero orgoglioso del suo lavoro, faticoso, non scelto ma fatto con maestria e questo glielo riconoscevano non pochi.
Ero orgoglioso dei suoi silenzi, della sua dignità, delle sue scelte semplici a capirsi e delle parole efficaci, rade, che usava per dire quello che pensava davvero. Ero orgoglioso della sua vita difficile da ragazzo, del suo stringersi a mia Nonna, del suo modo di amare mia Mamma, mio fratello, noi, la famiglia. Ero orgoglioso di conoscere cose della sua infanzia passata presto, della sua gioia di correre dietro a un pallone di stracci e dell’ essere un calciatore bravo e felice. Ma era stato solo un gioco.
Ero orgoglioso del suo coraggio che veniva fuori nei momenti in cui serviva, del suo difenderci -e difendermi- dalle intrusioni dei parenti. Ero orgoglioso quando parlavamo assieme; accadeva di rado, ma era un sentirmi grande in cui mi ascoltava e non mi ha mai sminuito. Mi ha lasciato fare facendomi sentire che c’era e che sul bene, tra noi, non si discuteva.
Ero orgoglioso dei principi che m’insegnava, le poche cose che lasciano poi libera la vita di farsi: l’onestà, la responsabilità, l’eguaglianza, la solidarietà, il restare con chi lotta per cambiare il mondo e renderlo più giusto. A volte diventava serio in volto, emergeva la consapevolezza delle difficoltà, vedeva le cose che accadevano, la fatica che fanno quelli che devono costruirsi tutto, e lui era tra questi, ma non l’ho mai visto privo di volontà e di speranza. Aveva un sorriso bellissimo e diceva che insieme si potevano cambiare le cose.
Avrei voluto dirglielo questo orgoglio che provavo per Lui, fargli sentire che l’amore e la stima erano infinite nei suoi confronti, e che lo avevo capito man mano che crescevo. Era sempre stato importante ma adesso lo era più che mai prima. Crescevo, restavo svagato e correvo dietro ai sogni, ma Lui era il mio riferimento di concretezza nel vivere: guai se non ci fosse stato, mi sarei perduto. Ma non c’è stato il tempo. Non c’è mai il tempo per dire tutto quello che vorremmo.
Ero orgoglioso di mio Padre e oggi lo sono ancora di più.
Penso che non si deve diventare saggi, che il tempo ci regala sempre possibilità nuove di essere e di diventare, ma quello che avremmo voluto condividere con chi non c’è più, è una perdita per entrambi. Per questo superare il pudore del dire è necessario, ed è un mostrarsi inermi al bene che ci mostra come siamo davvero a chi ci ama e ha infinita pazienza con noi.
L’amore è la cosa più necessaria che abbiamo e dirla a tempo ci fa bene, e fa bene. Bisogna impararlo ad avere il coraggio di farlo. Sempre.
Ed io sono orgogliosa di te che scrivi cose così belle e riesci a commuovermi ogni volta.
Sei cara Josè 🙂
Non commento mai quindi non dico ma stavolta davanti ad una prosa così netta, pregnante e sentita devo stringerti la mano. Con una leggera commozione.
Grazie Enzo 🙂