Credo ci sia un abuso, conclamato o meno, della parola amore. Il mio dialetto, che è stato lingua, non l’aveva nel vocabolario. L’amore era un’ accezione non detta del bene, una gradualità incrementante e non definita verbalmente in un pudico non dire.
Caro amico, hai finito di vivere nell”800, già nel secolo scorso, il ‘900, l’amore e la parola che lo definiva, era stato sdoganato nel linguaggio comune. Il ti amo è corrente, esprime un sentimento forte, non ha bisogno di sottigliezze e sfumature.
Ne sei ben sicuro? Vedo ovunque persone che confondono i piani interconnessi. Dire con troppa frequenza amore, non è forse un esorcizzare il timore della sua assenza. Un antidoto al tradimento, all’incapacità di restare con sé stessi, al senso di morte. Tutti elementi della stessa necessità di non essere soli.
La lingua dice quel che vede e che vorrebbe ci fosse. I linguisti, i semiologi non interagiscono con i sentimenti, al più diventano entomologi, ma non creano. Accettare il ti amo svalutato implica trovare qualcosa che definisca il di più, ciò che supera l’eccesso d’uso. Verrà fuori in qualche modo…
Dimentichi che l’inguaribile schiera dei romantici continua a scavare nei sentimenti, nel sentire. Alimenta le parcelle e gli studi degli analisti e dei psicologi clinici, ma alla fine ha una sua superiorità: sente con acutezza un bisogno che è sempre insoddisfatto. Come a dire che: non basta mai. E se l’amore porta con sé il paradiso ne ha anche l’antitesi, ma chi ci rinuncerebbe?
Forse per questo si diluisce nella ripetizione del dire, dell’enunciare il ti amo, più che praticarlo. Oppure per chi lo cerca e ne ha paura, tenta di provarne ebbrezza e misura. Lo anestetizza, insomma.
Termine abusatissimo ed anche troppi “ti amo” per i miei gusti, non mi piace la teoria, preferisco la pratica, le dimostrazioni concrete.
Molti fuggono la solitudine,come fosse una minaccia,un’emarginazione sociale imposta dal mondo o peggio una malattia. Eppure ė attraverso il tempo speso a riequilibrare il rapporto con noi stessi, con il nostro universo interiore,che possiamo imparare a conoscerci,a sciogliere nodi piuttosto che aggrapparci agli altri come se fossero zattere incaricate di salvarci…da noi stessi.
Prima di amare qualcuno ė necessario sapersi centrare e vedere le cose con più apertura. Amare ė donare il frutto della scoperta di sè.
@poetyca: il rapporto con se stessi passa attraverso una solitudine molto particolare e ricca di scoperte, eppure la solitudine viene percepita come abbandono, privazione d’amore. Arrischio un pensiero tranchant: chi ha imparato a vivere e apprezzare la solitudine è in grado di amare senza possesso e con minori paure.
@Mariantonietta: il ti amo è pratica il resto è abbellimento del vivere.
Il problema è che tra un ti amo vero e uno patacca, non si riesce a distinguere con nettezza, Newwhitebear
La differenza tra un “ti amo” vero e uno patacca, sta nei fatti, Will.
Questi non mentono mai e permettono di distinguere.
Che sia un bel fine settimana, qui iniziato col sole
con un sorriso
Ondina
È vero, ma non sempre, che si senta la differenza tra ciò che è sincero e ciò che è patocco. Il fare invece non mente. Buon fine settimana Ondina, sole anche qui 🙂