Si muovono prevedibili i corpi impagliati nei gesti,
nella fannullona convinzione del consueto
attraversano vie pedonali,
si fermano davanti a vetrine,
sostano seduti,
sorseggiano abitudini liquide.
E parlano e sorridono forte
cacciando le tristezze in agguato,
bastano dei passi da soli, un silenzio più lungo
per mostrare sui visi la violenza
delle solitudini incerte.
Non c’è nulla di nuovo in questo ronzare di pensieri zippati,
è vuoto di futuro il luccicante frigidaire
che allinea il giorno,
e pure la notte.
Non c’è brivido nel torpore d’attese,
nelle passioni d’un attimo,
nei tacitati ideali:
l’avversario s’è ridotto alla fatica
di tenere vivere e andare.
Dove e quando osare,
per cosa, per chi?
Più in alto
è l’incompresa fatica dell’esplorar salendo,
del ritrovare sé nella passione d’esistere
magari ancora più soli,
ma noi, non d’altri,
noi.