A volte bisognerebbe tranquillizzare i vicini. Fargli sentire che non siamo troppo strani. Basta una parola consueta, un augurio, un bacio. Poi chiudere la porta e ritornare a sé, perché è il caso che ha portato ad abitare le stesse scale, mettere muri e rastrelliere per bici in comune. Una osservazione sulla pioggia che stanotte batteva furiosa sul tetto, un sorriso perché è iniziato l’anno, e sarà buono, ma noi siamo gli stessi. Poi chiudere la porta e ritornare a sé. Ci sono sempre tante parole che non si riescono a comunicare. Meglio, disorienterebbero inutilmente, hanno altre orecchie che possono ascoltare. Le vite si osservano con occhi diversi, a volte neanche tanto diversi quando una dirimpettaia aveva sempre caldo e non si curava molto delle tende.
C’è chi fa l’entomologo e classifica, si stupisce, cerca di capire il meccanismo, trovare regole. Chi invece scivola correndo sulle superfici, si orienta sui sorrisi e sulle fronti aggrottate, ma dimentica tutto in un girare di sguardo. C’è chi assorbe e non s’accontenta, tace perché ha misura del dire e se parlasse sarebbe irrefrenabile come la pioggia di stanotte e allora ascolta, cerca di capire e se non accade mette da parte, capirà. C’è chi cerca d’essere specchio di ciò che osserva, accontenta, mima, dice le parole che si vogliono sentire, ostenta simpatia. Poi va oltre e riflette altre parole, altri volti, altri pensieri. C’è chi non si cura, a malapena saluta e prosegue la sua corsa, qualche volta si stupisce di non essere compreso. Molti mescolano tutto e distribuiscono un po’ di privato, un po’ di confidenza, un po’ di superficialità, un po’ di pettegolezzo. Che oggi non si chiama più così, ma gossip e sembra sia meglio e più allegro di prima, senza togliere quella soddisfazione di mostrare qualche intimità altrui. In fondo è l’antidoto quasi permesso alla riservatezza ufficiale delle vite, al pudore che non è quello naturale dei sentimenti, ma quello inculcato dei corpi.
Mah, che vuoi che ti dica, raccontami di te che mi sfuggono le parole comuni, dimmi. Se davvero mi interessassi vorrei vedere la tua anima, scavare assieme a te per capire se nella fatica ci incontriamo. Capire come mangi, bevi, sogni, quali sono le tue abitudini, dove ti rifugi quando ridi o hai paura. E invece è meglio parlare del tempo, del tetto e del colore che si scrosta sulle scale, dei cani che stanotte erano inquieti perché altrimenti vorresti sapere di me ed io non ho voglia di spiegare.
Allora accontentiamoci dei sorrisi fugaci, mettiamo assieme quello che si può, stringiamo legami dolci di partecipazione. Rassicuriamo, scambiandoci piccoli doni di cibo e tenendo per noi il mondo che viviamo davvero, fatto di parole difficili da dire, giudizi taglienti, convinzioni più forti. Viviamo il caso, che c’ha condotti assieme, con un sorriso, che vale, rasserena e poco costa.

Noi per fortuna lo facciamo, siamo un gruppo affiatato, pensa che facciamo anche 2 o tre mangiate insieme durante l’anno, d’estate nel cortile 😉
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Hai ragione. Siamo talmente presi dalla routine di tutti i giorni, dalla frenesia, dalla fretta che ci si scambia un sorriso fugace per le scale e poi ognuno viene inghiottito dalla propria vita, dalla propria casa. Salvo poi ritrovarci alle assemblee condominiali con la sindrome di Olindo&Rosa. 🙂
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Non ho vicini aggressivi, per fortuna, Josè, anzi sono usualmente amichevoli 😊
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Scusami Will se, io che non tengo vicini di appartamento, ti dico solo che sono incantata dalla tromba delle scale che hai immortalato!
“Prende” e attira moltissimo, è molto bella e rende dinamica la foto, bravo!
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Quante volte ho cercato di instaurare l’armonia di cui parli, la gentilezza ecco. E quanti calci in faccia ho preso, con chiunque sai? L’universo ha i suoi meccanismi e funziona in questo modo, e noi siamo troppo piccoli per poterlo cambiare. Almeno credo, forse, o la prossima volta…. chi sà un sorriso….
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E’ solo questione di fortuna, ma che bello usare la gentilezza: è un’arma di precisione che dà una soddisfazione intensa ad adoperarla. Non stancarti, e so che non lo farai 🙂
Buon anno e buoni sguardi
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Inizi chi sa che si può sorridere, andare incontro.
Il vicino ci è più accanto di quel che si pensa.
Una cosa buffa è stato per me conoscere le abitudini Australiane, per lo meno della città di Canberra.
In prossimità delle case vi era affisso un cartello “Il vicino ti guarda” …
Il vicino ti guarda?!?!
Alla prima occasione ho chiesto che volesse dire e mi è stato risposto che era utile per tenere lontani i ladri nel caso che si accorgessero che chi vi abitassse fosse via per qualche giorno.
Pare sia prassi avvisare i vicini quando si deve star via per qualche tempo.
I vicini controllano, prima di andare a letto fanno il giro della casa.
A me questo mi aveva colpito tantissimo!
Questo era un atteggiamento condiviso fa tutti. C’erano anche dei vicini che custodivano animali domestici.
Non è straordinario?
Buona serata
.marta
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Scusa i refusi ma con il cellulare è un impresa.
O è solo una scusa?
Mah..
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L’ha ribloggato su Tramedipensierie ha commentato:
A volte bisognerebbe tranquillizzare i vicini. Fargli sentire che non siamo troppo strani. Poi chiudere la porta e ritornare a sé…
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Ben detto, tutta la vita ho cercato buoni rapporti e devo ammettere che mi son sempre trovato a mio agio
Un sorriso
Giancarlo
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No, ma infatti ci pensavo proprio ieri alle due di notte, quando il vicino stava ascoltando quella simpatica musichetta, che mi piacerebbe parlarci, avvicinarmi a lui, ecco…
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Bella questa idea dei vicini che ti guardano, nel mio condominio accade d’estate quando per piante e sorveglianza si stabilisce che chi c’è dà un’occhiata. Da altre parti i vicini che ti guardano ha ben altro significato :-).
Non preoccuparti se scappa qualche lettera in più, Marta, a parte che questa non è l’accademia della crusca, ho ben presente (per dimensioni di dita e altro) come si scrive da un cellulare 🙂
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Georges Perec – che è un autore per me essenziale – scriveva, per esempio, che bisognerebbe vivere molto di più fuori dalle porte, sui disimpegni delle scale. Smussare l’ansia di tenerci nel privato. Ma poi cosa abbiamo davvero da proteggere così tanto?
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di cose da proteggere non ce ne sono molte, il mio luogo è un deposito di sensazioni, passato, speranze prese in libreria, nei negozi di musica, idee. Quello che davvero conta lo portiamo appresso e lo si condivide di rado, per timore, forse, che venga frainteso. Oppure per delicatezza perché le anime pesano. Di certo vivere fuori delle porte è un bel modo di vivere. Benvenuta Dorotea 🙂
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Grazie. Appena arrivata nella nuova casa e ho un da fare per cercare di entrare in contatto con i vicini! Ho tentato anche di portare regalini natalizi per faci conoscere, con il piccoletto. Mi sa che mi hanno preso per una strana 😊
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Il gesto gratuito, la gentilezza, disorientano. eppure sono così semplici e umane. Per me è un complimento essere strano. 🙂
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esatto!
buona giornata.
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VADO D’ACCORDO CON TUTTI,TRANNE QUELLO SOTTO DI ME,un pazzo che urla appena faccio rumore…è durissima a volte..ho pensato di andarmene, sono diventata invisibile, vivo con l’angoscia di far rumore..ormai mi ha cambiato la vita
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Potresti invitare il vicino a casa tua in una festa rumorosa, con mio figlio funzionava 🙂
Comunque capisco, ho avuto un’esperienza simile con urli e campanelli per rumori assolutamente pacifici, semplicemente ho tenuto duro, come al solito vince chi dura un minuto di più. Benvenuta Emanuela 😊
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grazie…..ormai sono anni, e la strategia migliore e vincente alla fine è stata l’ignorarlo e fare l
la mia vita…anche se non sempre riesco a far finta di niente…hai ragione, vince di dura di più, e fuggire sarebbe inutile.. ciao Emanuela
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