Evito i doppi sensi, parlerò di musica. Per ora.
Da orrende scatole di latta e pixel, l’idea del suono si ricompone in noi, mp3, you tube, quel che passa il convento. Sembra basti. Forse un segno dell’evoluzione del sentire è questo, o dal vivo oppure approssimazione. Ieri un’amica mi diceva che non ha in casa riproduttori di suono, a parte la radio. Fa parte della conventicola snobbiosetta, di cui faccio anch’io parte, degli ascoltatori di radio 3. Solo che io aggiungo le radio digitali ai miei ascolti via etere, poi i cd, l’mp3. Gielo dico oppure taccio che ormai il mondo non è quello della sua giovinezza, quando un giradischi era un segno di opulenza? Oppure è lei che è avanti, con i suoi ascolti su you tube ed io invece spaventosamente retrò, con i miei troppi impianti hi-fi, le scaffalate di dischi, i registratori, la marea di cd che occupa lo spazio non occupato dai libri. Premetto che mi piace la musica, ma non ho particolari conoscenze e neppure l’orecchio assoluto. Avere a disposizione strumenti plurimi cosa comporta per il nostro rapporto con la musica? Faccio un esempio carogna: nel pezzo della Grimaud dell’opera 80 di Beeethoven pubblicato ieri, al minuto 0.35, c’è una nota sbagliata. L’ho letto, non me n’ero accorto. Ho riascoltato, è vero, per questo ho preferito questa versione a quella più bella dei proms 2008. E’ vera. E la questione della nota sbagliata mi pare esiziale, finalizzata a qualcosa che poco ha a che fare con il rapporto vitale che possiamo (in questo possiamo ci sta tantissimo) avere con la musica. Se si ascoltano concerti dal vivo, a me capita, con orchestre, direttori e solisti importanti, l’esito della serata dipende dall’estro, dalla sala, dallo strumento, dall’emozione di chi suona, dal momento. Non di rado qualcuno stona, aggiunge di suo suonando a memoria, parliamo di musica scritta e quindi terreno di caccia per i melomani in vena di bravura. Già una cadenza è materia del contendere, opinabile. Ebbene la magia c’è sempre, anche quando non si è d’accordo, anche quando l’applauso è solo liberatorio per sciogliere la tensione, anche quando l’applauso si trattiene perché l’incanto non si vorrebbe rompere. C’è un caso, ma io sono di parte perchè riguarda il mio direttore preferito ovvero Carlos Kleiber, che finita l’ultima nota, lasciato spegnere il suono, ancora nessuno applaude, finché uno prende il coraggio ed esplode la sala. In questo caso l’applauso era poco per descrivere il senso di unicità di ciò che si era udito, eppure magari ci sarebbero chissà quante osservazioni sul metronomo, oppure sulle parti di orchestra, ma era il grande incantatore che aveva preso tutti e portati altrove, per un tempo unico e non ripetibile. Questa è la musica fuori studio: iterazione ed emozione prima quasi che senso. Glenn Gould scelse ad un certo punto della vita, di non fare più concerti, la sua volontà di perfezione si poteva attuare solo in studio, solo con quella sedia, solo con quello Steinway CD 318. Per chi lo ama, quasi più degli autori che ha interpretato, Bach ad esempio, non resta che ascoltare ciò che ha lasciato ed il suo imperativo della musica che si genera e poi si fa esperienza e poi si stratifica in vita.
Bisogna ascoltare, questo è il comandamento, lasciare che sia la musica ad entrare e l’interprete essere il servitore dell’ascolto, colui che porta alla soddisfazione del desiderio, ciò che serve. In questa ricerca di ascolto, nelle mie piccole manie tecnologiche ho cercato qualcosa che si avvicinasse al vero, ben sapendo che quell’elettronica, quelle scatole e quell’aria spostata in vibrazione, non erano il vero, c’assomigliavano. Per questo ho infarcito la casa di impianti e casse acustiche, ma l’esperienza vera si svolge solo in due modi: andando a concerto e abbandonandomi nelle mani di chi potrà provocare emozione, sensazione irripetibile, ricordo. Oppure nel gesto di scegliere un cd o un disco, metterli sul piatto, sedermi in poltrona e lasciare che il pensiero che ha scelto quella musica, quell’autore, quell’interprete, prosegua ad emozionare. A questo punto non m’interessa che ciò che ascolto sia il frutto di un ingegnere acustico, ascolto ciò che alimenta un pensiero. Gould, come tutti quelli che registrano, accettava di buon grado, anzi pretendeva che alcune frequenze fossero evidenziate rispetto ad altre, in questo caso l’elettronica si inserisce nell’interpretazione, non c’è solo la perfezione delle note, ma anche il volume del suono corretto per un riproduttore. Ecco, questo è il mio limite, oltre cambia il rapporto con l’ascoltare e uso mp3 e you tube per altro, non c’è più la magia complessiva. Punto al particolare, a volte lo vedo nel gesto nel direttore, oppure colgo l’espressione, la rarità, ma il suono è compresso, inscatolato, spesso svilito dalla registrazione. Cosa mi resta, allora, di quello che penso sia l’emozione della musica, ciò che mi cambia e a volte mi salva? Poco, solo la testimonianza che è accaduto qualcosa, che qualcuno era in quel posto ed è stato fortunato a sentire ciò che io non sento. A volte è la voglia di confrontare un’idea, capire qualcosa in più, ma per ri partecipare ci dev’ essere una curiosità, una necessità veniale da soddisfare senza grande fatica, qualcosa di accessorio rispetto al piacere e la volontà dell’ascoltare profondamente.
You tube mi mette davanti ad uno schermo e l’mp3 mi porta altrove finché corro o faccio altro, le condizioni per essere davvero attento non ci sono, è arredo del giorno, colonna sonora di un film con vicende che a volte si combinano a volte no. Questo il limite e l’opportunità, come per lo scrivere ci sono mezzi crescenti, ma l’esercizio dell’emozione è cosa seria.
p.s. per non parlare troppo male di questi strumenti, che se non ci fossero qualcosa adesso mancherebbe, allego sempre la Fantasia corale op.80, con il mio pianista di riferimento, Sviatoslav Richter, nell’edizione con Sanderling direttore. Val la pena di ascoltarla, proprio per quanto dicevo, senza pensare alla qualità del suono mono: sono entrato in sala da concerto, ascolto.
io ascolto radio capital, nota radio cosacca, con le cuffiette dal cellulare. non abbiamo un mangiadischi nè altre diavolerie moderne, a parte qualche mp3 da 15 euro delle ragazze. tanto c’è you tube, tanto c’è il pc. tanto ci sono i libri, che non si ascoltano, le orecchie ringraziano.
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Mi fai riflettere sul fatto che sto ascoltando sempre meno musica. Sarà che in casa mia i guasti non vengono riparati, come per uno strano gusto dell’autoconsunzione e della consunzione. Perchè l’impianto si ruppe il giorno in cui mia figlia si divertì a infilare quanti più cd entrassero nel cassetto del lettore. La radio, non ho la fermezza di ascoltarla. E sulle canzoni… troppi bla bla. In auto, sì, ecco. Non riuscirei a guidare senza musica, e si accetta quel che passa il dj.
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Spesso ho solo bisogno di silenzio dopo una giornata di rumore, gente e lavoro d’ufficio, dove la collega, appena arriva, accende la radio perchè non le piace il silenzio. Ma appena lei se ne va la spengo la scatola rumorosa 😦 o se non c’è rimane assolutamente muta.
Poi invece ci sono momenti in cui ho bisogno del relax (e dei ricordi) che le note regalano.
Mentre guido la musica è la mia compagnia (ma assolutamente solo quella che ho scelto io) e poi … poi non riesco a fare a meno di cantare. 🙂
Buona giornata Will
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Per chi come me,ti conosce solo nel virtuale,i tuoi post sono quasi sempre criptici e spesso a “doppio senso” E…alors per non incorrer in commenti stonati,VIVE LA MUSIQUE anche se di nota fuori,
Ciao,Bianca 2007
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c’è un trucco nel jazz, spiegato bene da bollani: quando fai un errore suonando, ripetilo. non sarà più un errore, ma jazz.
miles davis, a chi gli chiedeva se fosse alla ricerca della nota giusta, rispondeva “la mia nota è sempre quella giusta”.
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nella musica scritta la cosa non dovrebbe funzionare così, ma siccome si fa abbondantemente, spesso gli strumentisti qualche nota la steccano oppure infiorettano di loro e pure gli spartiti contengono errori, facciamo che sia un miglioramento e un mantenere in vita ciò che sarebbe cristallizzato. Quello che ho scritto in realtà si riferisce, senza entrare troppo nei particolari al mio rapporto con la musica, parziale, parzialissimo, e che non prescinde dal fatto che anzitutto la musica è un piacere, poi vengono le piccole manie. La mia, legata alla riproduzione del suono, è davvero uno sfizio personale.
Preziosa come sempre la “tua musica”.
🙂
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Mi vengono in mente le foto di studio gelide e iperdefinite di Newton o Mappelthorpe, contro quelle incerte e sbavate di Moriyama. La sbavatura fa parte del gioco, nella musica, ma anche nella fotografia, nel teatro… è una pennellata in più a disposizione, un’improvvisazione, un riconoscere la valenza del contesto.
Circa le manie, ognuno ha le sue. A me non piacciono le dispute tra partiti, anche youtube o l’mp3 hanno un loro ruolo, basterebbe non prenderlo come l’unico possibile.
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Credo che la passione per la riproduzione fedele del suono sia tipica della mia generazione, una parte almeno. Quelli che suonavano la chitarra e si interessavano di casse e amplificatori. Era un’epoca in cui i dischi erano la musica, e i concerti l’alternativa per pochi. Ho sentito recentemente un arrangiamento di fine anni ’60, sembravano suoni nuovi e incredibili, allora, ora sono cose semplici che l’elettronica non prende neppure in considerazione. Ciò che è accaduto nella fotografia e in tutte le arti, credo, è accaduto anche nella musica. A volte mi chiedo se la tecnica rappresenti il nostro tempo, oppure sia il tempo che si sottomette ad essa
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Trovo in generale che la tecnica sia molto sopravvalutata, sia dai fautori, sia dagli stessi detrattori. La tecnica è uno strumento. Non può rimpiazzare le idee, né le idee possono materializzarsi senza questo strumento.
In un certo senso sono d’accordo, la tecnica forse rappresenta il nostro tempo, come il feticcio del momento. Ricordi gli anni ’70? allora era la politica a dare un senso, quando mancavano le idee. Il che però non mi ispira nessuna nostalgia, tutto sommato.
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dicnon prima di me “la tecnica è uno strumento”.
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Godo della musica con i miei modi e strumenti diversi.
La musica c’è.
Sempre.
Che venga da fuori o da dentro.
Buone giornate di festa caro Willy
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