la cultura dell’ombra

Dalle poche cose che conosco di te, posso prevedere le semplici mosse d’apertura. Doppia mossa di pedone, oppure cavallo? Ma noi non giochiamo a scacchi e neppure ci conosciamo. Strano questo ossimoro della conoscenza. Pare, sembra, eppure spesso è. Che significa? Che siamo abbastanza eguali? Che le mie sensibilità incontrano conferme? Vedi, per molto tempo mi sono accontentato del sole, dell’evidenza. C’è una sovra valutazione del sole, spesso se ne fa l’elogio come fosse simbolo di verità e di chiarezza, si vanta il suo potere medicamentoso, eppure mostra la superficie, spesso la appiattisce, le toglie colore e densità, cosicché la malattia del vivere, che s’ annida nel profondo, ne viene travisata e sottovalutata. Dal culto dell’evidenza un po’ mi distacco e così mi perito guardare nella sottigliezza che si nasconde dalla violenza della luce, leggo tra le righe. Oh, certamente mi sbaglio spesso, non troppo spesso, intuisco cose che non vogliono sbocciare, bulbacee che attendono indefinitamente l’occasione d’ uno splendore, ed alla fine sono affascinato dalla potenzialità più che dalla forza. Ma pur penso che ciò che non vuole uscire una ragione di certo ce l’ha, e penso pure che troppa luce c’ha fatto perdere l’attenzione e l’ombra. Pensa che l’ombra, viene al più considerata refrigerio, come fosse un condizionatore alla violenza del reale e non, invece, reale e vera essa stessa, e ricca, talmente ricca di morbidezze e pieghe da essere complementare alla luce. Mi piacciono entrambe e tu, che non mi conosci molto, non sai quanto mi piaccia la luce, l’espormi al sole, assorbirlo, ma al tempo stesso tenermi l’ombra che mi è alternativa. Così l’ho portata fuori dalla paura dell’inconosciuto e senza morbosità la guardo, cerco di capirla, l’apprendo. 

Confesso che m’interessa poco, il dark, come molto del codificato del resto, se qualcuno mi indica cosa devo vedere, non di rado vedo altro e non per dispetto, ma per incapacità di seguire un dito, lo sguardo che non si accompagna di un segno di comunicazione. Quindi ti prevedo, nelle cose semplici che fai, perché conosco la soglia dell’ombra, e so bene quanto ci si riposi, e si senta il calore del sole come gradevole, restandone al limite. E tutto porta nella direzione nelle cose che lasci trasparire: una tenda che ti vela, una porta, o forse una finestra che sbatte ritmicamente in lontananza, e la vista dalla finestra, che tu porti dentro alle perverse triadi di cuore, cervello, amore.

Se devo sforzarmi per capire l’esterno che vedi, questo m’arriva, e passa, attraverso un sentire d’ombra. A tuo onore dovrei dire che mai sento il pantano dell’ombra, le pozze non asciugate in cui si scivola, casomai ne percepisco l’effetto doloroso, il bisogno tuo di togliere questa crosta viscida che si spegne nell’ infinita stanchezza che senti emergere. E non è d’ombra, questa stanchezza, ma luce su ciò che non sei eppure vorresti essere. Anche la tua sicurezza quando perde il fragile involucro di smalto, è un ricettacolo di domande che con sistematica crudeltà uccidi. Formiche di pensieri che sbucano dai recessi dove hai deciso sia meglio non cercarsi. Il suono dell’ombra, è ovatta e basso frinire di steli che s’ accarezzano assieme, e seguono un vento di danza che viene dal profondo. La mia meditazione nel sufficiente silenzio, è questa vista di ciò che esce, del fresco che porta con sé, della reversibilità della condizione: non più in basso, ma più avanti, non nero, ma somma di colori. Un tempo usavo bisturi affilati, ora non più, separo per superfici, prendendole delicatamente tra le dita, via la prima, poi la seconda e ancora avanti, finchè la sinopia appare. C’è molta insolenza in tutto questo, la pretesa di vedere oltre ciò che si mostra, ma a mia discolpa metto il rispetto: cercare di capire un’altro è un regalo reciproco. Può bastare? Non lo so, credo che se l’arroganza di sapere già tutto si mette in disparte, ciò che si intuisce sia delicato, suscettibile di errore e di moderata gioia se si verifica la previsione.

Conoscerti è fonte di sorprese, sono i piccoli gesti che si ripetono, la mossa del pedone o quella del cavallo? Il resto, dipenderà dalla giornata.

11 pensieri su “la cultura dell’ombra

  1. Ci sono cose che si percepiscono da subito,cognitivamente si capiscono si sul sentiero che alla luce alterna l’ombra,ma diventano “nostre” perchè sono impastate della stessa alchemica sostanza di cui si è fatti e,che non si cura di spiegarne il perchè.
    Bella la canzone che hai messo.Bianca 2007

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  2. Vorrei poter dire che la tua analisi è SEMPRE corretta ma essa dipende molto dalla qualità della scrittura che incontri in rete. E’ quella che in grado elevato definisce il confine tra sole e ombra, da quella parte poi il lavoro d’immaginazione di cui nessuno può fare a meno in quest’ambiente. Capisco che anch’io userei infine il tuo stesso metodo e lascerei una chance al mio interocutore rischiando però di rimanere carbonizzato dalla luce o ammuffito dall’umidità. Non ho una fiducia sconsiderata nel web, non più… cerco e talvolta trovo.
    Ps: omologazione è di nuovo in rete e la comunicazione vale anche per Bianca 2007

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  3. Tempo fa ho trovato in un libriccino dedicato all’ombra questo scritto che ti riporto qui perchè le tue parole a questo mi hanno fatto pensare.
    E se non c’entra nulla, abbi pazienza 😉

    The Moon
    Dopo aver scritto versi tutto il giorno,
    sono uscito a vedere la luna tra i pini sulla collina.

    Lontano nel bosco, mi siedo contro un pino.

    La luna ha i suoi loggiati rivolti verso la luce,
    ma la parte profonda della sua casa è immersa nell’oscurità.

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  4. Se un po’ mi somigli e detesti i commenti altisonanti, allora non ti piacerà sapere che trovo splendido e pieno di poesia questo scritto. Hai usato delle immagini che mi hanno commosso. Insolente, sì un po’ potresti esserlo. Pretendere di sollevare tutte le stratificazioni per ritrovare il grezzo, presuppone la capacità di riconoscere un buon legno da sopra lo smalto. Chi può sapere, a volte si celano tesori, altre sarebbe stato meglio passare a un ulteriore vezzo decorativo come camuffamento. Decoupage con roselline e amorini boccoluti? Horror…
    Lo sai che mi piace restaurare vecchi mobili?

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  5. già, è proprio così, i complimenti mi imbarazzano e non so che dire.
    L’idea del conoscere un po’ qualcuno è sempre contraddetta e la contraddizione rinnova l’interesse. 🙂

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