Non ho perso il vizio di guardarmi attorno. Un tempo, nel mio partito, chi era dirigente, chiedeva con frequenza cosa pensassero gli operai, gli impiegati, nelle fabbriche, nelle famiglie, in bar. Non c’erano sondaggi quotidiani, si capiva così, in presa diretta l’umore e l’opinione. Allora gli statistici erano quelli del pollo a testa, con uno che ne mangiava due e l’altro niente, ed i sociologi trattavano cose grosse come la definizione di classe sociale, la violenza urbana e rurale, la famiglia, e nessuno ti spiegava cosa pensavi. Anche se non faccio più politica come allora, non riesco a non chiedermi cosa sta accadendo. La mia percezione è quella di un fascino anomalo per un capo del governo, non eletto, che porta avanti una politica di rigore e tagli, neo (o vetero) liberista, praticamente senza opposizione. Credo sia un prodotto dell’antipolitica, ovvero della possibilità di operare senza mediazione in un mondo intellettualmente molle. La ragione, il rigore sono connaturati con l’etica e l’intelligenza, le stesse qualità che impediscono di giustiziarci quotidianamente gli uni con gli altri, in forza di regole condivise, rispetto dei patti sottoscritti e compromesso sulla gestione dei conflitti e sul nuovo. Bene, in questi mesi sono stati buttati all’aria i patti sottoscritti tra stato e cittadini su wellfare e pensioni, i conflitti ed il compromesso si scontrano con una logica esterna: i mercati. Il presidente Monti dice che dobbiamo rispondere ai mercati, che dobbiamo convincere i mercati, come se il patto tra cittadini avesse una variabile indipendente ed un’ unica soluzione: la subordinazione alla finanza e alla speculazione. I mercati per l’appunto. Eppure il consenso non diminuisce in modo significativo. Per questo penso che stia prevalendo, non la vena masochistica del Paese, ma la convinzione che si possa fare a meno della mediazione e della politica. Basta che ci sia uno che decida, che rassicura e che mantiene. Ma quali sono i vantaggi sinora promessi? Nessuno in realtà, perché è proprio del liberismo lasciare che sia il mercato a decidere del merito di ciascuno e di ciascun prodotto, quindi interventi reali sulla ripresa e sulla crescita non ce ne sono. Basterebbe intervenire sul costo dell’energia, sul costo della burocrazia, sui tempi consegnati al rispetto di leggi perennemente interpretabili, per avere un sostanziale miglioramento della competivitività del Paese. Ma la competitività ancora non dice quale sarà il modello di sviluppo e le tutele dei cittadini, questo viene comunque lasciato al mercato e tolto dalla politica. La mia impressione è che un silenzio colpevole gravi sul paese, che le colpe degli anni passati premano su tutti, per questo sta emergendo un modello senza mediazioni sul generale, fatto di proposte nette: prendere o lasciare. E chi è messo davanti alla scelta, prende. Dopo il disastro della politica degli ultimi anni, non solo di Berlusconi, ma anche della sinistra, il governo sembra un gabinetto di salute pubblica, fatto perché si debba uscire da un disastro talmente immane che ogni dubbio è fuori luogo. Se ciò fosse, la logica sarebbe il processo a chi ha prodotto il disastro, il castigo del colpevole, l’oggettivazione del danno subito, invece questo è occultato e passato sotto silenzio, come se il malato guarisse a botte e non spurgando le ferite. Questo è il grande malinteso che diventa imbroglio, se non si ripristinano le regole democratiche ovvero la discussione tra i rappresentanti del popolo, ogni cosa sarà dovuta, soggetta ad una teoria che non si sa se verrà verificata. Chi ci dice che le teorie economiche del premier siano quelle giuste ? In ambito tecnico si pensa anche altro, non pochi giudicano vecchia l’impostazione neo liberista. Obama ad esempio, fa ben altro. Ma ciò che sorprende, e non dovrebbe essere così se non ai romantici come il sottoscritto, è la mancanza di dibattito, di confronto sulle condizioni, quasi che un ipse dixit abbia coinvolti i fedeli, non i cittadini. Ritorno sulla questione dei mercati, ben sapendo che non è possibile sottovalutarli, in una democrazia il governo è del popolo e il condizionamento dell’azione di governo dev’essere assunta per variabili dipendenti da questo. Lo sviluppo deve far parte di una visione della crescita, la coesione sociale, il patto solidaristico dev’essere all’interno di regole, sentimenti condivisi. Se così non è l’apologo di Agrippa funziona a rovescio ovvero ognuno è per sé, gli arti si muovono indipendenti dal corpo e dal cervello e questo comporta la perdita della libertà. Pensavo a Tabucchi e al suo Sostiene Pereira, a quante volte si è messa in disparte la percezione di ciò che accade attorno. Mi sembra importante, non l’aver ragione, ma il poter discutere (quindi niente prendere o lasciare) e farlo. La dignità comincia anche da qui.
Bisognerebbe che quelli al potere la pensassero così……ma la fiducia è poca, anzi direi nulla. Ti auguro una buona giornata.
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l’idea del liberismo è l’unica sopravvissuta tra quelle del ‘900. il prof. monti è un ottimo tecnico. il migliore, probabilmente. lo sappiamo tutti. e va bene così. perché l’alternativa davvero non esiste. non esistono persone né idee in grado di…
e non vedo nessuno di cui mi posso fidare. dopo la morte di berlinguer non mi fido più di nessuno. e anche allora sbagliavo a farlo.
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I tecnici ma ancora prima i politici non hanno la minima idea, la minima percezione della reale vita quotidiana della gente che vive di stipendio, di salario, di pensione, cioè gli operai, gli impiegati, gli infermieri, le commesse, ecc., ma anche i giovani con contratto a progetto, i co.co.co., i co.co.pro. …
Le loro riforme sono fatte a tavolino, tutta teoria e niente riscontro nella realtà.
Si fa presto a tagliare di qui, tassare di là, con gli stipendi e le indennità che si ritrovano loro e che si tengono strettissimi.
Sono mai andati in mezzo alla gente per informarsi sulla reale situazione, sulle difficoltà che le fasce sociali più deboli e la gente comune, che fatica ormai ad arrivare a fine mese, vivono tutti i giorni????
Un vecchio proverbio della mia zona recita:
chi ga la panza piena nol pensa per i famài
(chi ha la pancia piena non pensa agli affamati) 😦
Proposta: provassero a vivere con lo stipendio di noi poveri mortali.
Mi piacerebbe vedere se ce la fanno e quanto resistono.
Come ho già scritto qualche post fa, è necessario mettere al centro la persona umana e la sua dignità, che purtroppo si sono perse di vista a forza di star dietro ai diagrammi, ai pareggi di bilancio, alle statistiche, ai conti.
Buona serata e buona notte, Will.
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vede, c’è poi un altro potere, che è di chi scrive e lo esercita con fascino, eleganza, tatto e saggezza. e io di fronte a quel potere, alzo le mani, anzi no, mi fumo una cicca e compiaccio di essere in grado di leggere, a prescindere dalle parole, dai contenuti, dal capire, ‘giudicare analiticamente’, discutere, commentare
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