il vento ci porterà

Mi piace il vento che gonfia le tende di luce

e percorre indiscreto la casa.

Lo vedo, occhiuto, scrutare i miei libri,

mentre deposita pollini e polveri,

e con lui sei giunto inatteso:

gl’assomigli, straniero e lontano.

Ospite a lungo d’altre case e d’idiomi,

ora t’affacci alla porta,

con odor di tabacco e di cuoio.

I pensieri tuoi son deposti altrove,

qui al più, c’è segno d’un antico passare,

qualche giocattolo rotto, una penna, 

poche pagine un tempo, vergate, 

di pallida  grafia, azzurra e sottile.

Di quel pallido i tuoi rossi pensieri d’allora,

di quel pallido ora parli,

come cicatrice che si staglia sulla pelle del ricordo. 

vento di lamiera

Nella notte la lamiera ha sbattuto a lungo con il vento, finché il sonno l’ha zittita. Sono anni che vado nello stesso albergo, ma la lamiera si sente solo quando dormo nel lato a nord. C’è sempre vento da queste parti, spesso folate di maestrale che portano odore di mare misto ad erba; in questa stagione anche umore d’alberi potati.

La lamiera ha un suono strascicato; devono averla fissata da qualche parte perché in passato era peggio, ma non è bastato a fermarla. Lo immagino questo vento che la solleva, come fosse una gonna, la fa scorrere e poi la posa, mentre la gravità la riporta da capo.

I primi tempi protestavo con il portiere; assentiva e diceva: provvederemo, non si preoccupi. Ma che interesse può avere una lamiera? Si scorda poco dopo il reclamo, bisogna trovarla, i clienti partono. Adesso non protesto più, la lamiera ormai è diventata parte del vento e di quest’angolo di Sardegna. Ma forse la sento solo io, e per chi abita è diventato un rumore di fondo, una banderuola sul tetto che in fondo non serve a nessuno, eppure fa parte della casa.

Quando verrà davvero fissata, nel silenzio qualcuno si sveglierà chiedendosi cosa ci sia di nuovo, e tenderà l’orecchio prima di rimettersi a dormire.