occupazioni per giorni senza vento

Conservo immagini di dita sottili e forti, intente a sciogliere nodi. Non riesco ad associare loro quel tratto che tanto mi disturba, ovvero la presunzione. C’è una pazienza nel dipanare che riguarda noi prima di ciò che si scioglie e che non si combina con la fretta del capire superficiale: ho già capito, ti ho capito, tu sei così. E’ l’esercizio della dolcezza nel conoscere, una sapienza che si radica e non è conoscenza acquisita attraverso lo sforzo mnemonico, ma possesso reale. Non c’è possesso vero senza rispetto, non c’è comunicazione profonda quando si presume, semplicemente c’è solo fretta. E quando è il tempo che diventa il regolatore, allora anche l’annodare, ovvero ciò che allaccia funi altrimenti sciolte, diventa frettoloso, punta al risultato e non si cura della bellezza del nodo, la sua complicazione è un ordine ritenuto inutile, sfugge la complessità per passare ad altro.

Le dita sottili e forti sciolgono nodi e riannodano: il tessere e il costruire. Oltre l’arcaico mito dell’uomo inerme, in balia d’ una volontà altra, tra le tante similitudini delle relazioni questa mi è cara perché è governo e disciplina del privato. Ovvero ciò che siamo e vogliamo essere davvero, senza finzioni nè inutile apparire.