Oggi ascoltavo radio tre, ad ogni programma veniva letta una lettera di un condannato a morte della Resistenza italiana. Sono riandato a quando la lettura di quelle lettere mi segnò un percorso di vita, una parte con cui stare. Ma già allora si discuteva sul fatto che la celebrazione può svuotare di significato ciò che si celebra e se di partigiani ce n’erano molti ed il 25 aprile erano in piazza con i fazzoletti rossi o tricolore, già la liberazione sembrava allontanarsi, come accade a tutto ciò che si colloca in un luogo di tempo che non ha più relazione con noi. Emergeva una tranquillità progressiva dettata dalla democrazia e dal benessere che considerava l’evento come particolare od eccezionale: era accaduto quasi per caso, non accadrà più. In fondo cancellare la Resistenza oppure portarla a guerra civile significava cancellare anche il fascismo.
C’hanno provato, ci riproveranno.
In questi giorni ho sentito spesso evocare gli ideali di chi partecipò alla Resistenza, come fossero anch’essi passati con la stagione degl’idealismi. Tutto distante e poco attuale anche sul piano delle idee. Invece le ragioni per cui molti scelsero una strada personale difficile, con un numero enorme di morti, si tacciono, non emergono. Ebbene, quelle ragioni sono ancora tutte vive e attuali: la libertà, la democrazia, l’eguaglianza, la solidarietà, la giustizia, il lavoro, la dignità, l’unità del paese e la sua autodeterminazione, non hanno cessato di essere il presente ed il futuro per tutti noi. Semplicemente si danno per scontate, oppure ci si accontenta. Quando emerge la domanda: ma lo rifarebbero se vedessero ora com’è diventata l’Italia? Io credo di sì, perché la conquista di questi obbiettivi non si è mai pienamente compiuta e se oggi non serve più la lotta armata, l’impegno, la partecipazione sono necessari come allora.
Credo che il grande insegnamento e attualità della Resistenza sia in questo considerare possibile ciò che è giusto-
I ragazzi spesso non sanno di cosa si parla quando viene evocata la Resistenza perché le ragioni non emergono, e non hanno riferimento con il quotidiano. Il partigiano Johnny, i piccoli maestri di Meneghello, avevano la loro età ed erano in grado di sognare, volere, un futuro diverso. E lo immaginavano finché amavano, ridevano, soffrivano: non avevano rinunciato alla loro età. Gli adolescenti, i giovani non possono ricordare per sentire, ma se si collegano le difficoltà che vive la nostra società con le ragioni di allora, forse sarà più semplice per loro capire che qualcosa di importante è avvenuto e che solo una parte del percorso è stata compiuta.