il senso del limite

 

Nella mia cucina, sopra il lavello, c’è una lavagna di ardesia, ricavata da una di quelle lavagne da scuola, grandi, con la cornice di legno, che stavano su muri bianchi con fasce di colore ad olio. L’ho recuperata da una vecchia aula, d’una scuola in disfacimento, tantissimi anni fa.

Sulla lavagna si accumulano parole, quelle che in qualche momento m’ hanno colpito, qualche simbolo. Mi piace il tratto grosso del gesso, il colore grasso e pieno, il suo sgranarsi e rigarsi con gli spruzzi dell’acqua, vedere le parole che si decompongono e formano nuovi segni.

Il senso del limite è più o meno al centro, verso il basso. Scritto con gesso azzurro, interpolato a frasi che si sono sovrapposte. Il senso del limite non è un baluardo, si è mescolato ad altre idee, quindi non è un programma, ma una consapevolezza che si fa ragione. Un mantra per riflettere su dove sto andando, cosa faccio, quanta gentilezza metto nel vivere.