uscire e cambiare la propria vita

L’uscire dalla propria vita, sentita come inadeguata, come unica soluzione alla crisi d’essere. E’ un flow di una semplicità disarmante: il disagio crescente, l’attacco della crisi, l’insofferenza del presente e la ricerca di soluzioni alternative, la if del cambiamento: se si prosegue ci sarà la rottura con il passato, se ci si ripensa si torna daccapo per ripercorrere il ciclo.

Uscire e cambiare la propria vita, perchè, da chi, come? E’ l’esperienza di tutti, comincia nella famiglia d’origine e accade più volte nella vita e ha sempre lo stesso stimolo: andar via, cambiare radicalmente, essere diversi dal presente sentito come prigione.  Chi se ne va davvero, non solo nella testa che pure è  un modo radicale nell’andarsene, sperimenta la difficoltà dell’abbandonare le certezze, del misurarsi con l’ignoto. Un ignoto che inizia proprio da se, dalla propria capacità di percezione dei problemi e della realtà. Andarsene significherà poi capire meglio, misurare ciò che si vuole davvero, fare i conti con la nostalgia, con gli affetti che non si annullano, con i vincoli economici, con la violenza dei distacchi. Per questo spesso sono necessari altri appoggi, ed è la parte più difficile da valutare, perchè condiziona altre persone, altre volontà presunte. Indipendententemente dagli esiti, l’uscire farà i conti con la propria vita e la scelta in quella if  rende palese ciò che è già avvenuto: il cambiamento, ovvero la rottura del proprio paradigma. Sarebbe bello che tutte vite avessero parabole già definite, dove tutto procede per conseguenzialità, ma non è così per la maggior parte di noi. E forse non sarebbe neppure bello.

L’andare, il vedersi da fuori, senza giudizio.  Restare fedeli a se  stessi, cercare di capire e poi scegliere il proprio posto transitorio, sapendo che proprio noi lo metteremo in discussione finchè ci sarà la presunzione del poter cambiare.