Ci fu chi assistette al tuo innamorarsi, al suo sprizzare gioia attorno e al distribuire fiducia nel vivere. Poi un po’ ci si perde, perché la vita trascina distante. O fu anche propiziato dall’insostenibilità della felicità che pone domande a chi la percepisce e sente. La felicità non sempre genera invidie, ma comunque allontana. Accade anche a chi la prova. Come se gli spazi aperti dovessero lasciar posto ad un cerchio che si genera e si chiude pian piano.
Penso che anche l’infelicità abbia gli stessi effetti e che per mantenere un rapporto profondo bisogna scardinare una serratura. Ci si parla di rado oltre le convenzioni, la necessità di approfondire ci interpella e spesso riceve dinieghi, certo è che, quando accade, nulla poi è come prima, come se il regno dell’innamoramento e della sua fine, conservassero per gli umani (ma non solo per quelli), una sfera di riserbo, di rispetto, che poi potrà alimentare ogni pulsione meno importante e nobile. Insomma una educazione alla felicità e al suo corrispettivo negativo transita da noi e solo da noi, se vogliamo imparare e capire.
