Poi, alla fine, uno se ne accorge del lavoro fatto: ho una cattiva cultura e l’ho costruita con metodo ed intelligenza. Avete presente la buona cultura? Io sono quello simmetrico che permette alla buona cultura di manifestare la sua presenza. Senza di me, la mediocrità trionferebbe, sono una pietra di paragone necessaria. Chi ha cattiva cultura in tempo di cravatte, non sceglie il disegno, ma porta il colletto aperto. E non è facile farsi una cattiva cultura, tutti sono capaci di essere studiosi e volonterosi, ma per fare lo scansafatiche culturale a vita occorre genio. Tempo fa mi hanno citato il trota come ragazzo promettente per il mio settore. Nulla di più sbagliato, il ragazzo di cattiva cultura supera la maturità studiando altro. Disorienta col sapere speculare per cui anche l’insegnante fa i conti con le proprie lacune e piomba nel dubbio. E colto dal terrore dell’abisso proprio, promuove la cattiva cultura affibbiandole una patente di maturità.
Mi chiedevo se l’opera del ministro Gelmini possa essere assunta ad esempio per la propagazione della cattiva cultura, ma purtroppo non è così, ciò che viene proposto è buona cultura declassata. Un succedaneo senza caffeina, cose da tempi di guerra e da poveri senza futuro. Per chi conosce la cattiva cultura è solo una miserabile copia, spaccio di incultura oltre la modesta quantità.
Vorrei un riconoscimento, spesso penso che non sia giusto che anni di applicazione non abbiano il loro posto sociale. Potrebbe essere uno s-dottorato ad honorem, una cattedra d’insegnamento brunettiano sull’assenteismo alla Sgarbi come s-corso universitario, qualcosa che educhi verso l’uso alternativo della cultura e della morale corrente, che provochi una mobilità sociale verso il basso. Come le messe joculorum del medioevo dove attraverso la bestemmia si trovava un equilibrio con il dio che toglieva anzichè dare. La smobilità sociale praticata dalla cattiva cultura è l’unica grande alternativa di giustizia sociale: si retrocede perchè non si merita, non come ora che chi merita precipita verso il basso e deve emigrare.
Magari lo dico a Tremonti che queste cose le capisce al volo.
n.b. Cattiva cultura è interesse a ciò che non serve, che non ha valore economico. E’ rifiuto del dover sapere, come lo studio del sanscrito ai tempi dell’inglese. Cattiva cultura è parlar d’altro, presumere l’interesse per le proprie ubbie e poi tacere perché non c’è comunicazione. Cattiva cultura, è applicare l’ironia al sapere, è non prendersi sul serio. Mai!
