buona notte Italia

Spazzola con cura i capelli bianchissimi. Guarda verso il basso, intenta nel suo lavoro di preparazione al sonno e non mi vede. Indossa uno di quei completi fatti di maglietta e gilè accollati, entrambi neri. Avrà tra i 70 e gli 80 anni. Difficile dirlo. La sua stanza da letto è sotto il portico. Ha un sacco a pelo, di quelli finti militari, che usavamo nei campeggi da ragazzi, e una borsa che le fa da cuscino. Due archi più in là dorme su dei cartoni un’altra persona. Lei è pulita, ha perfino qualche tratto di civetteria inconscia, l’altro, è un uomo, sembra sporco. Forse è la coperta logora e la polvere che ha attorno che lo fanno sembrare così. Nel giardinetto vicino alla chiesa dorme qualcun altro coperto di carta. Stanotte fa freddo e la città ha sempre più poveri che dormono per le strade.

Porta, porto, portico, hanno la stessa radice, quando si perde la casa non c’è più una porta e allora si cerca un altro approdo. Questi sono approdati sotto un portico da chissà dove. Quella signora avrà avuto passioni, si sarà sentita amata, bella, avrà avuto cose sue attorno, una famiglia, speranze, un lavoro, una porta da chiudere o da aprire, adesso non ha nulla o quasi e ripete i gesti che un tempo sono stati importanti. Come se la cura di sé l’ancorasse a qualcosa. Ha ancora una identità. E’ persona. Le offro un pacchetto di biscotti, mi guarda, sembra non capire, poi li accetta. Le auguro buona notte.

Buona notte Italia, buona notte città, buona notte a tutti quelli che dormiranno nel loro letto, nelle loro case. Buona notte a tutti quelli che una casa non l’hanno più.

E’ davvero notte. Lo è sempre stata, ma ora mi pare di più. E’ scuro nelle nostre strade bene illuminate, non c’è luce, abbiamo paura di fare qualcosa che non serva solo a noi. Cosa ci è accaduto davvero?