
Ho vecchi doni,
tracce di passate considerazioni,
che fanno compagnia più dei ricordi,
e suonano come usano le voci antiche,
dolci e sommesse,
intonate nel coro assottigliato.
Molto è diverso d’allora
ma ciò che resta non sono gusci vuoti,
residui di vita altra
che la risacca del tempo allinea
e toglie dalla riva,
no, sono miracoli di vita
che si trasforma
e ancora estende radici assetate.
È buona con noi l’età
se cerca limpidezze
nell’innocenza inerme di chi mai s’arrende.
Distratti abbiamo percorso le stagioni,
c’era la foglia e il fiore,
e splendevano al mattino,
nella bellezza loro cantavano I colori
donati senza ritegno agli occhi e al cuore
e seguivano il tempo
senza opporre fatica al pifferaio lieto,
ora sono gemme fiduciose
impavide nel gelo
in attesa della promessa primavera.
Siamo rimasti non so quanti,
un tempo ci conoscevamo tutti,
alcuni han salutato,
ed ora il coro è mutato,
quasi un quartetto d’archi
dove la furia posa,
ed emerge la passione quieta
d’una carola sommessa,
guardo e mi soffermo,
come a ripassare una parte appresa,
una musica che torna alle labbra,
lieta.