
Le mie, le tue, erano spesso virtù ineguali,
lasciate all’estro che pescava nel profondo,
e di tanta oscurità il colore ne soffriva.
Il voler essere cangiante era prigione al vero:
parlavamo d’altro eppure eravamo incredibilmente prossimi e vicini,
chi s’intendeva di magie avrebbe conosciuto l’assonanza,
non noi, così aperti e chiusi,
non noi che donavamo senza risparmio e conto,
ma di quella necessità d’essere riluceva l’assenza,
il grido acuto che non aveva le parole,
non ancora,
o forse mai.
Nell’occasione ripetevamo l’io, la necessità, il bisogno,
mentre da tutto il vero, urgeva il noi,
l’allacciarsi nell’assoluto, e ancora il noi.
Sembra rappresentare un rapporto intimo nel senso più profondo e spirituale, dove due persone si sono avvicinate moltissimo, forse fino a sfiorare una sorta di fusione emotiva o esistenziale, ma senza mai compierla del tutto.
Un legame che ha sfiorato la verità, l’unione, il “noi”, ma che è rimasto impigliato nell’“io”, nella frammentazione, nell’incapacità di dirsi pienamente.
Mi ha colpito molto, meravigliosa, grazie. Buonanotte. ✨️🙏🏼🌷
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Grazie Frida, si arriva vicino alla comunicazione profonda e unica, l’io diventa parte del noi e qualcosa che non ha nome, può accadere. Hai colto bene 🤗
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Il “noi”, come un assoluto, una visione che trascende il bisogno individuale. 🙏🏼🙌
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ti scrivo dal margine dove finisce l’io
e comincia un noi che non chiede forma
che non si può trattenere
come un fiume che si ritira
solo per trovare un nuovo corso
finché la luce non impara
a passare tra i corpi.
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La poesia del margine, il luogo dove si incontrano le affinità profonde. Grazie Nadine 🤗
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Semplicemente bella!
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Grazie Marina 🤗
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