piante di sabbia

Dentro il verde nuovo d’ogni primavera,
c’è l’andare incurante della pioggia,
il grigio che scurisce
le nubi di cui s’abbuffa il cielo.
Il sole già trabocca,
di sudore vela la pelle,
scalda i passi nella sabbia.
Pensieri appoggiati al calore d’un muretto
guardano gigli e silene
guardie di sabbia e mare.
Allora vorrei il silenzio.
clessidra che fluisce,
i pensieri incauti,
voci che ridono
mentre assieme dicono
con il bacio che insegue il riso
e il giorno, fin nella sera
e poi la notte, ancora.

9 pensieri su “piante di sabbia

  1. Ti muovi dentro una poesia che sa di stagione nuova, ma anche di memoria, di carne, di cielo aperto. Fin dalle prime righe, ci sei tu che attraversi la primavera senza difese, senza fretta, come chi accoglie ogni sfumatura, anche il grigio. Eppure, quel sole che “già trabocca” sembra riflettere qualcosa di più profondo: non solo il sudore sulla pelle, ma anche un desiderio di vivere, di sentire tutto fino in fondo. I tuoi pensieri si posano — non scappano, non fuggono — su un muretto scaldato dal sole, ed è lì che osservi. C’è tenerezza nello sguardo che lanci ai gigli e alle silene, come se anche i fiori fossero complici di questo tuo sentire. La sabbia e il mare non sono sfondo, ma presenze, guardiani silenziosi del tuo spazio interiore. E poi, in quel “vorrei il silenzio”, rompi qualcosa. Come se volessi trattenere un momento che sfugge. Il silenzio diventa tempo, flusso, un contenitore di pensieri incauti e risate condivise. C’è un amore evocato, mai detto esplicitamente, ma vissuto fino in fondo: nel bacio che rincorre il riso, nel giorno che scivola nella notte senza strappi. Tu non racconti una scena, tu ci sei dentro, e ci porti con te.

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