all that’s jazz

tra dottrina e diottrie,  preferisco le seconde che permettono di vedere

se si vuole restituire una dimensione, umana, comunitaria, ecologica, non tanto in senso ambientale quanto psicologico esistenziale, alla nostra vita, se si vuole sfuggire a quello che ho chiamato il “ modello paranoico” che ci costringe a consumare per produrre a livelli sempre più insostenibili, a competizioni sempre più stressanti e ci priva del vero valore dell’esistenza, il tempo, non c’è “bio”, “ecocompatibile”, “we”, “sviluppo sostenibile” che tengano, il solo modo di tornare a “un’economia di sussistenza”, vale a dire, sia pure in modo graduale, limitato e ragionato, a forme di autoproduzione e autoconsumo che passano necessariamente per un recupero della terra e un ridimensionamento drastico dell’apparato industriale, finanziario e virtuale…
Massimo Fini ne “ il fatto quotidiano “ del 20-11-2010

6 pensieri su “all that’s jazz

  1. Ti rringrazio Marina, in realtà mi sono lasciato prendere la mano e avrei potuto essere più lucido, il tema ambiente, economia di consumo, neo colonialismo, guerra come mercato e sbocco di potere, è la rappresentazione che ho Chiara. È tutto legato e ogni linea rossa viene superata. Serve consapevolezza, reazione, resistenza, fosse solo per paura ed egoismo, ma rischiamo sul serio di scomparire.

  2. Certe scelte, sia a livello individuale che soprattutto a livello di sistema, dovevano essere compiute già molti anni fa, e lo si sapeva. Avere il coraggio di cambiare modello di società, di produzione, di consumo, di vita. Cambiare priorità. Ci sarebbe anche stato il tempo per una gradualità. Ora io temo che siamo già fuori tempo massimo, sia per quanto riguarda l’ambiente, sia per quanto riguarda la guerra, le migrazioni dei popoli, la concentrazione della ricchezza. Non so da dove potrebbe venire una forza in grado di capovolgere tutto ciò, quando al contrario sulle scelte ambientali abbiamo già fatto marcia indietro, il problema delle migrazioni crediamo di risolverlo lasciando masse ingenti “fuori dei nostri cancelli” e quanto alla guerra, adesso è diventata di gran moda!

  3. Hai ragione Marisa, siamo in ritardo, confido sulla capacità di capire dei giovani, un mondo senza futuro colpisce loro prima di me. Confido nella capacità di resistere alla guerra, di arrestare la follia. Spero e non dispero perché la disperazione mi renderebbe cinico e afono e non voglio esserlo.

  4. Non sono affatto semplici le tematiche che poni .

    Anche io credo che smettere di sperare serva solo a disperarsi …gli atteggiamenti e soprattutto i comportamenti che potrebbero conseguire , li ipotizzo dannosi per se stessi e per gli altri .Occorre il contrario , sul piano personale e non solo , sulla Terra siamo almeno tredici miliardi

    L’unica via possibile è e resta cercare il confronto , il dialogo , l’apertura con e verso l’altro .

    Non ho perso le speranze anche sulla fine delle guerre . Trattare, è piuttosto difficile ma non impossibile .

    Purtroppo si raggiungono trattative dopo guerre lunghe folli e devastanti .

    È stato perso tempo prezioso per ridurre e rallentare i danni sull’ambiente senza concordare scelte proficue , non abbiamo più tempo da perdere è vero.

    Il comportamenti responsabili di ogni persona restano comunque molto importanti.

    È impossibile fermare le migrazioni , anche per queste importanti problematiche non sono state fatte scelte etiche, né politiche responsabili ma di comodo.

    I problemi sono talmente grandi che è naturale essere spaventati , e avere pensieri del genere “senza via di scampo” …

    Ma vivere senza speranza significa morire oggi ,subito ,senza pensare ad un domani possibile .

    I giovani faranno meglio di noi ?

    Io spero e credo di sì .

    Ritengo di essere consapevole della gravità della situazione a livello nazionale ,europeo e mondiale ,ci riguarda tutti

    Scelgo di credere in un futuro possibile . Ho detto la mia, ciao Willy

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