Di rado, ma succede, ci prende un’ indeterminata inquietudine che, come accade ai crocicchi dove il maligno attende, può sfociare in rabbia. O anche no, dipende da scelte impalpabili e apparentemente prive di relazione. Quando accade non è nulla che non si possa trattenere, ma come sempre fanno le cose senza oggetto, scuotono e scavano nella roccia. Ci si chiede cosa sia che agita la serenità, la scompiglia e non la muta nel riso che dovrebbe accompagnare il non prendersi troppo sul serio. Evidentemente c’è qualcosa che non è banale, oppure se lo è, si maschera bene. Spesso è la sensazione di un torto rimosso come tale. Una scarsa considerazione che è poca cura ricevuta. In definitiva una crepa nell’amore. Quella cosa il cui bisogno mai s’esaurisce e che pur frequentando lo stesso legame, analogo tempo e luogo, s’interpreta in modo sempre nuovo e differente. Secondo bisogno e occorrenza. Ebbene quella rabbia senza nome è misura e segno, miei lettori, della difficoltà e bellezza dell’amore e del suo mai essere eguale.
Hai usato, come sempre, parole delicate che colpiscono però come pugni sferrati allo stomaco. Forse perché lo stomaco, si sa, è come un secondo cuore.
C’è anche un terzo cuore José, la mente, soggetto poco affidabile e prepotente, ma non scevro di umanità, che media, tiene assieme, trova scuse e ragioni. Cerchiamo di parlare con tutti i cuori e con il cuore di chi ci capisce. Grazie della tua presenza che sempre mi fa bene.