ciò che resta non è ciò che c’era

Non ci si ricorda più l’acuto di una decisione, il dolore che ha accompagnato una scelta, lo stare o l’andare, la situazione, i dilemmi tra sé. Non si ha più l’urgenza del mutamento di allora. E ciò che è cambiato diviene abitudine, perde lo smalto che l’aveva reso così attraente e importante, finché sembra sia stato quasi sempre così: il prima è sfumato nell’adesso.

E anche quando si rimpiange un’età dell’oro, o dell’innocenza, questa è ciò che vorremmo aver vissuto, non ciò che davvero è stato. In fondo ci è stato dato solo il presente e il suo desiderio d’essere altro proiettato in avanti. Del passato serbiamo noi stessi, ciò che siamo, non ciò che siamo stati. E del piacere non si ricorda nulla, mentre dei sentimenti che abbiamo provato resta molto, è parlando con essi che ci ritroviamo ora. In fondo l’esperienza se non è sentimento non è.

Un pensiero su “ciò che resta non è ciò che c’era

  1. No. Non sono d’accordo con quello che dici,sempre che che abbia capito. Personalmente ricordo tutto ciò che ho sperimentato nel piacere come nel dolore. E se provo a chiudere gli occhi ne sento persino l’odore. Sarà per questo che raramente ritorno a quei momenti. Sarebbe inutile e dannoso. Però so quello che sono stata. E oggi,appunto,io fatta di tutto quell’impasto riluccicante anche fra la nebbia come brusio che non fa male. Mirka

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