L’unica città che assomiglia alle grandi città americane in Italia, è Milano, il resto, nel nostro Paese, è altro.
Spesso ciò che non si conosce si immagina, ma questo non impedisce di viverlo, così il mito dell’occidente è il fare. Il fare come essere, il muoversi continuo, il rispondere ad una legge più alta che è il mercato e che si muove sul principio depurato calvinisticamente, del piacere. Quindi non il benessere, la “roba”, ma quella cosa estremamente dinamica, che fa coincidere il successo personale con il movimento e la perenne innovazione. Un’interpretazione dinamica della Grazia ad uso dei nuovi atei religiosi devoti alla finanza.
Credo che da questo derivi lo stereotipo del movimento come progresso e crescita: fare, essere, coincidere con la modernità.
A questo si contrappone la provincia, sempre un po’ assonnata come i rettili al sole, con la capacità disincantata di lasciar accadere, di lasciar andare, tanto, prima o poi ci si ritroverà. Ma non nelle luci ossessive della città, piuttosto nella stanchezza dopo la corsa, nella riflessione che accompagna la pausa e nelle domande che ne conseguono, finalmente non represse.
I provinciali vanno in città, ne sono affascinati, sentono il ribollire delle occasioni. A volte si fermano, magari ricreando il borgo attraverso le amicizie, le abitudini, chiudendosi in un sottoinsieme di città che li faccia sentire meno soli, altre volte non ce la fanno proprio, ne sono rigettati e tornano sconfitti. Nella città, i provinciali, trovano qualcosa che li tiene e li estrania. In fondo, loro, hanno una storia , una stratificazione di vissuti, di percorsi fisici, e mentre la città è immemore, si sovrappone cancellandosi, loro, hanno immobilità del ricordo che il movimento non avrà mai. Ecco perché i provinciali nella grande città diventano pensierosi: manca loro un pezzo, che non è il passato codificato nei libri, ma è proprio il ricordo della loro storia. E quando restano, possono anche correre una vita col sogno di fermarsi, ri abitare luoghi che intersecano vite, non solo storie di condominio, sognare la semplificazione del verde, della campagna, del piccolo spazio per sé, magari riprodotto in città.
Ma questi, di cui parlo, sono i provinciali, gli altri, quelli adeguati nella città che corre, vivono, sguazzano, non si pongono domande che generano desideri statici. Vedono la vita come agglomerato competitivo di vite, consumano il tempo, e si nutrono di luce e calore, non come i provinciali che hanno città grigie, strade semi deserte la notte e buio fuori delle case.
C’è chi ama la luce e il colore di notte e non lo vede di giorno, chi vive con il buio e chi non lo sopporta. Perché anche il buio è statico, è il passato, e rallenta, il buio, anche nel far l’amore. Ecco un’altra differenza, per i provinciali, il buio esiste e a volte è un abbraccio, non solo una minaccia da spingere fuori dei propri occhi.
p.s. La rapsodia in blu per me è la città come mai era stata descritta.
Bella la provincia! 🙂
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ma sai che poi in fondo MIlano, a viverla quotidianamente, è tanto provinciale quanto la altre città? in certe cose mi sa di un paesone, solo con più voglia di divertirsi e con i prezzi una spanna in più…
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Quando ero bambina, tanto per dirne una, mi costruivo luoghi nella mia mente che neppure esistevano, e quando sono diventata poco più che maggiorenne ho desiderato fortemente di vivere in un quei luoghi che pensavo di trovare solo nelle grandi città. Ma viaggiando (almeno un pò) ho scoperto altro e ciò che mi affascina oggi è lontano da quel tipo di quotidianità che offre ad esempio una città come Milano.. Ma è il mio pensiero di oggi, domani chissà cosa e dove mi porterà la vita. Però quei sogni di bambina li porto sempre con me, ovunque:-)))
Ciao Willyco:-)
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A me Milano mi fa schifo. Anche se la mia bimba ci vive e comincia ad avere quell accento milanese del cazzo. Milano e brutta, sporca, per niente elegante. Non so se è americana, che poi americana che vuol dire. New Yorkshire o s Francesco non è America, la bible belt e America e allora mi chiedo se assomigliano a Milano. Ci sono solo due posti che amo di Milano…il bar della triennale in un pomeriggio di agosto con temporale in arrivo e corso Como 10 in attesa del treno per tornare a torino. Scusa gli errori ma con l iPad e complicato scrivere 🙂
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io sono davvero provinciale, mi piacciono le città medie, quando vengo a Milano, quasi sempre per lavoro, vedo la velocità, il fatto che le persone e le cose si sovrappongono. Magari è vero, è un paesone perché le persone la sera tornano a casa, ma ho la stessa impressione che mi torna altrove nelle grandi città, ovvero che ne contengano tante di piccole, senza più identità comune e che ciò che le tiene assieme sia il fatto che i destini hanno un unico obbiettivo, crescere e correre.
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Lasciare che il pensiero, ovvero ciò che si sente abbia come guida i sogni, ti rende immune dall’abitudine, dalla noia. Sarà un buon viaggio…
Ciao Angelica 🙂
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Sempre decisa la signorina Minnie 🙂 Tu sei un pochino di parte, però, rappresenti il sentire della vecchia capitale, del non esagerare dove però c’è tutto. Magari un po’ in crisi, ma c’è. Pensa che Torino ha rischiato di diventare come Milano e poi le è andata di lusso 🙂
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Penso alla grande anima che tutte le città hanno.
Le sensazione che ci restituiscono non sono la città stessa, ma quello che ci vediamo di noi, la traccia del nostro passaggio.
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A Milano c’ho vissuto un’anno o giù di lì.Ero molto giovane,piena di progetti e convinta di realizzarli tutti.Abitavo a Sagrate con un’amica americana.Entrambe in via di dare ali ai sogni “seri” (se pò dì?).Frequentavo il Biffi e il loggione della Scala ma…mi è sempre stata stretta,cosa che non ho mai sentito per Roma.Tutte le altre città d’Italia ci regalano qualcosa oppure pur rubando (qualcosa) si desidera scappare il più in fretta possibile. Poi poi ci sono gli accenti pesanti che odio anche se sono affascinata,sempre,dai dialetti.
Bon.Anch’io ho voluto dire la mia.Il provincialismo è nell’anima o nelle intelligenze che non hanno mai lavorato veramente “serio”.
Saluti e baci,Mirka
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bello questo ricordo Mirka, poi tra Biffi e loggione della Scala c’è tanta roba…
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ah robertì, diventerò mai così saggia nel dire che Milano è soavemente orribile?…eppppoi amo Roma, e Venezia, e Firenze. e mi sembra già abbastanzina tanto 🙂
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Soavemente orribile e incompresa e indifferente. I luoghi del cuore sono cose nostre, meglio non sforzarci di farci piacere le cose per forza. Ca suffit
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Milano proprio non mi piace, è alienante, grigia, sembra triste, è troppo frenetica, troppo poco a misura d’uomo, troppo tutto. 😦
E dire che di solito io mi trovo bene ovunque.
Non credo che Milano sia paragonabile alle grandi città o alle metropoli americane, per lo meno a quelle che ho visitato io, New York C. e Washintong D.C., che mi sono piaciute tantissimo pure essendo molto diverse tra loro e che comunque _non sono_ l’America.
Può anche essere che io le abbia vissute diversamente, e per questo trovate differenti, perchè (forse) all’epoca ero diversa io. 🙂
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