chi sa, taccia
Sussurravi una carezza tra i ricci,
e pensavo parlassi di quelle dita,
troppo spesso rade, ma sempre tenere
e impreviste
e chiare.
Ascoltavo quel respiro che quietava, senza sottointesi:
chi sa, taccia
si faceva strada, morbido di consapevolezza.
Nel pensiero d’allora,
rinchiudo scatole e cose,
sigillo bocche, e cancello lampi agli occhi,
solo i pensieri tintinnano riottosi.
Così leggo,
le sintassi che si spengono sulle frasi senza senso:
una virgola qua, un punto senza parole, l’apostrofo disperso;
mozziconi nervosi spenti su pozze d’interrogazione,
ma le mie labbra si serrano, ed attraversano gli occhi,
non ci sarà traccia, che tu nuova non sappia già
o non si veda, tra i fiati sospesi,
eppure ti sforzerai di capire se il sorriso aveva qualità.
o indifferenza.
Meglio un chissà di un chi sa.
🙂
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