la perdita dell’innocenza

 

Ma davvero si perde l’innocenza? E quando la si perde?

La presunzione di un’età mentale e fisica dell’oro, in cui il buono è prevalente e non esiste un secondo fine nell’agire, farebbe coincidere l’idea della perdita con la coscienza della responsabilità del vivere. Invece le connotazioni sessuali che vedono la perdita dell’innocenza legata alle prime pulsioni e desideri, mi sembrano molto legate alla morale cattolica ed al concetto di peccato più che all’innocenza vera.

La stessa cosa si ripete per la dimensione utilitarista dell’uomo: l’ingenuo come iconografia del disinteressato e raffigurato nel bambino, non regge molto ad una analisi sul fine dei loro atti e quanto questi siano legati ad un utile atteso. Quindi emerge nuovamente una relatività anziché un assoluto, e non aiuta un concetto di violazione della regola morale, del furbo che si avvantaggia ingiustamente perché qui emerge il male che sta oltre l’innocenza. E a nulla giova che ci sia chi sa come funzionano le cose rispetto all’ingenuo che non conosce il mondo vero, perché quel vero è intriso di male e di bene, cose che l’innocente maneggia con difficoltà.  Quindi l’innocenza sembrerebbe esistere prima della conoscenza, come si pensa da molto nella storia dell’umanità: quando si capisce si perde l’ingenuità. 

A me pare che la perdita dell’innocenza sia un processo esteriore che non dà ragione di quanto accade davvero, che se l’innocenza è operare conformemente a sé, le persone l’innocenza non la perdano mai, e che comunque non venga mai perduta la speranza di riaverla. A questo proposito credo che anche nelle cose pratiche, a partire dalla sfera sessuale, l’innocenza si ricomponga nella vita della persona e che il percorso di recupero, di riconquista dell’innocenza, duri l’intera esistenza. Una persona che decide della propria vita è, almeno, innocente, magari non sarà ingenua, ma certamente porta con sè uno schema di valutazione della risposta tra l’attesa, il desiderio, la pulsione e il governo di questi verso la soddisfazione o meno, che la configura come attiva e quindi innocente. Da ciò si capisce già un significato che attribuisco all’innocenza, intesa come disporre consapevole di sè, rispettoso degli altri. Naturalmente i contenuti etici ci sono e non considero innocente un criminale nazista, ma penso che una persona che sceglie coscientemente, che dice dei sì e dei no, che rispetta la dignità altrui, quando fa qualcosa, parte dalla presunzione  d’innocenza.

Il secondo discrimine è la conformazione a sé, al proprio destino, inteso come vita vissuta, non come predeterminazione. Il cinico non è innocente perchè violenta sé stesso, perché toglie alla propria vita la dimensione del cambiamento, dell’attesa, della speranza: sa già come andrà a finire. La scelta, in questo caso, è il rifiuto predeterminato dell’altro, il giudizio inappellabile di utilità ed allora non ci può essere innocenza.

Credo che nel crescere, ovvero nel vivere, il recupero dell’innocenza sia la continua costruzione di se stessi oltre i condizionamenti esterni, il rifiuto dell’ossequio, del calcolo, della vita appaltata al luogo comune. La riconquista dell’innocenza è il rifiuto dello scambio tra approvazione e amore, dove l’amore è anzitutto amore di sé che viene scambiato liberamente, contrapposto all’approvazione sociale come espropriazione della capacità di essere sé stessi.

Accompagnare le regole con la conoscenza di cos’è bene e cos’è male, significa capire che lo sforzo della vita è nell’individuare il bene come parte di essa e non come approvazione esterna.

Chi decide ed è se stesso ha una tensione positiva che lo rende tendenzialmente innocente o almeno avrà la consapevolezza di provare ad esserlo.

13 pensieri su “la perdita dell’innocenza

  1. TEMA SPLENDIDO!!!
    tornerò tra un po’ a leggere con l’attenzione che devo, mentre penso che potresti essere un soggetto adatto ad essere coinvolto nella mia prossima,ineffabile, iniziativa catenosa…che propriamente catena non sarà…ti spiego meglio più avanti!

  2. credo che l’innocenza sia il disporre consapevole di sè rispettoso dell’altro. Senza calcolo nè pregiudizio. Le regole e il discrimine si conoscono, ma se non si è come si può essere innocenti con se stessi? C’è un libro, di Hillman, Puer eternus, per me illuminante, che parla del tradimento e della crescita. Prova a pensare, Bis, alla relazione tra tradimento ed innocenza.

  3. ah willy tu sei il filosofo del nostro giro blog..quello che propone grandi temi, giri di parole che paiono la ruota del prater di vienna, il sè, il tradimento, la perdita dell’innocenza, l’età dell’oro..
    non so, sono la casalinga di voghera, quella che mentre inforna la pizza il venerdi pensa..chissà che vuol dire willyco?
    sono per le cose semplici, del genere se m’hai tradito m’hai tradito, che m’importa della relazione con l’innocenza, perduta, acquistata, ripersa..m’importa che mi stai facendo male e che la nostra storia sta andando a puttane.
    quale filosofo la pensa come me, willy?

  4. Mah, Minnie, forse Democrito, oppure gli empiristi, ma quella che proponi tu non è una riflessione filosofica, bensì una rissa di ex amorosi sensi: tradotto significa che con le corna non si ragiona, con la testa, a volte, sì, magari dopo la rissa.
    Mi preoccupa questo disagio della casalinga di Voghera…

  5. non ti angustiare..pure la moglie di Di Pietro ho letto che quando inforna la pizza si chiede che sta a dire Casini..come vedi, sia tu sia io, siamo in compagnia :))

    ti auguro una buona giornata…la filosofia è per i ricchi ,ho una scrivania piena di cose da mandare avanti, e nessuno medita sulla perdita dell’innocenza.

    ahimè.

  6. Ho letto con calma il tuo testo e m’è venuta l’equazione innocenza=consapevolezza responsabile…dici che ho esagerato?
    Scherzi a parte, penso di tirarti in ballo in un prossimo post e in un’iniziativa di cui ti parlerò per mail, una cosa per ricchi, spretati,famosi e gaudenti, tanto per citare ridendo la Minnie qui più sopra. Loso, spretati magari non c’entra ma ci stava bene e, soprattutto, fa bene il paio con gaudenti.
    hihihihihihi
    p.s.:sono su di una frequenza più pirotecnica del solito però non ti preoccupare…rientra: magari è l’effetto dell’antistaminico per il raffreddore.
    Squeak!

  7. ci mettiamo anche Hillman e siamo a posto ;-P
    si, so di cosa parli. non ho letto quel libro (non ancora) ma conosco Hillman ed è stato illuminante anche per me

  8. a) Azz, Willy, ti prego, posta meno frequentemente e/o con domande meno ponderose, sennò intanto che penso a cosa scriverti tu hai fatto altri tre post esistenzialissimi.

    b) “innocenza” etimologicamente significa incapacità di fare del male, ma il mito della perdita dell’innocenza non c’è dubbio arrivi dalla religione – ho mangiato la mela, ho conosciuto il peccato e quindi sono uscito da quello stato incosciente ma benedetto da Dio. A noi, ‘sto fatto della incoscienza benedetta, indubbiamente c’è sempre piaciuto poco. Personalmente, a pensarci bene, la trovo comunque una di quelle parole che ognuno stiracchia fino a farci entrare un po’ quello che gli pare. O magari a disprezzarla come virtù dei deboli.

    E se tornassimo al significato etimologico?

  9. Ciao, ho sgomitolato anch’io. Il tema è appassionante, non ho resistito. Non scrivevo sul mio blog da mesi, pensando di aver esaurito le spinte originarie, il tuo post mi ha letteralmente gettata alla tastiera. Come Marina, non sentiri obbligato, è solo per avvertirti, però se passi da me, son contenta.

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