la “banalità” quotidiana dell’eroe

Dobbiamo considerare definitivamente conclusa l’era di Nietzsche e Wagner, il romanticismo, l’idealismo, ecc. ecc. E Brecht avrebbe difficoltà a ripetere la frase sull’infelicità del paese che ha bisogno di eroi, perché da tempo l’eroe è solo una persona normale che fa ciò che dovrebbe fare, non rifiuta la responsabilità per cui lo pagano o che ricopre. Eroe diventa il normale, ma ciò significa che tutti gli altri sono peggio di lui, meno normali ? Non credo, e non voglio citare nulla di quanto accaduto in questi giorni, perché non è avvenuto uno scontro di titani, ma al massimo tra persone che di fronte alla difficoltà reagivano in modo responsabilmente differente. L’eroe d’un tempo era altro, ma in realtà non è mai servito a molto e comunque è stato svalutato. Punto sull’eroe quotidiano di cui ho una definizione molto opinabile e cioè che è colui che cerca di essere ciò che è davvero, ovvero non si spaccia per altro da sé. Cosa difficilissima detta così, oppure naturale, senza discrimine se non se stessi e quindi non visibile. Allora prendiamo l’argomento da altra visuale pensando a colui che ogni giorno si sforza nello star bene o male, di essere se stesso e non rinuncia al vivere, non si lascia andare. Non penso ad una persona che non si contraddice e tanto meno a quello che non cambia idea, questi non sono eroi quotidiani, ma persone che scelgono la scorciatoia facile della norma per dire si deve far così, penso piuttosto a chi si mette in discussione in continuazione perché sa cosa vorrebbe essere, cosa è davvero e sceglie. Questa persona si sforza di conoscersi, sta male quando serve e lo accetta, affronta la solitudine che non vorrebbe perché fa parte della sua strada, non ha paura di riempirsi le mani con la gioia di vivere, non pensa che la vita la consumi, e punta comunque alla costruzione di sé. E’ capace di rinuncia in nome di qualcosa che lo riguarda, sa mettersi in gioco rischiando molto, persegue un obbiettivo personale in cui ci sono gli altri. Questa pratica del vivere è molto diffusa, genera solitudini spaventose, insinua diversità che fanno soffrire, non si riesce a comunicare. Ecco la ragione, non c’è comunicazione della normalità per cui alla fine si pensa che la normalità sia altro, sia quello che i media propongono, quello che al massimo dura tre giorni perché dopo tale tempo ogni notizia diventa usata. L’obsolescenza dell’eroe quotidiano sfocia nella sfiducia, seleziona, e ciò che dovrebbe essere naturale, un comportamento comune diventa eccezione. Questa versione domestica e segreta dell’eroe che non è eroe, che è persona che cerca di star bene senza scordare gli altri, non trova posto nel pensiero comune, bisognoso di notizie altisonanti, ma è l’ardua volontà di essere in sintonia con noi e con il mondo. Da questo confronto quotidiano poi verranno gli atti esterni, quelli che è giusto fare. Dopo.