A scuola avevo buoni voti in Italiano. A mio modo, dicevano, scrivevo bene. E poi non mi mancavano i vocaboli. Sembravano cosa preziosa i vocaboli, ci costruivano persino i test d’intelligenza, però nessuno scavava i significati. Mi sarebbe piaciuto si scrivesse un tema su una parola, su qualcosa che alla fine si rivelasse a chi scriveva e a chi leggeva, sino al succo del significato. Per capire chi c’era dietro e dentro le parole, per capire davvero di più.
Ma non era questo lo scopo della scuola e sapevo la verità: non ero io a scrivere bene, erano gli altri che scrivevano male. Anche i professori scrivevano male, erano solo corretti, ma insipidi. Cosa si poteva trarre da tutto ciò, se non la percezione di chi scrive davvero bene e l’amore per le parole e la scrittura? Vizi che non valgono nulla se non il piacere che provocano. Ecco ho ricevuto un piacere che mi porto dietro per un errore di giudizio, di questo sono grato.
