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piazza San Venceslao oggi è solo una strada molto larga, con alberghi, giardini, il monumento all’eroe nazionale e di sera ragazze che cercano compagnia.

Jan Palach era studente di filosofia, si diede fuoco davanti alla statua di san Venceslao per protesta contro l’invasione sovietica il 16 gennaio 1969. Morì dopo 36 ore,  altri 7 studenti si diedero fuoco successivamente. L’emozione suscitata fu grandissima, altri corpi ardevano in Cambogia, in quegli anni, ma questo era occidente cristiano e il gesto di Jan era la libertà che, non potendo essere, rifiutava la vita.

Di quegli anni cosa resta? Un pò di permissività senza più coscienza, il logo del Che sulle magliette, qualche idea confusa, canzoni sparse e i ricordi un pò patetici di chi c’era. Di Jan ci ricordiamo noi che  siamo quasi vecchi ed invece sarebbe bello che chi ha vent’anni ci chiedesse chi era Jan, cosa voleva la primavera di Praga, perchè accadde tutto e cosa successe poi. Non so se ci sia stato un tradimento delle idee, della nostra giovinezza, oppure semplicemente sia passata l’euforia del “tutto è possibile”, ma visti i risultati odierni, ho l’impressione che la mia generazione abbia trasmesso meno di quanto poteva.

Jan Palach resta, come il bisogno di libertà e questo non può passare.