è arrivata l’estate

Il frigo chiede buoni propositi, ben sapendo che si spegneranno nella gloria dei rossi autunnali, ma ora urgono, dice con insistenza. Adesso bisogna abbassare la temperatura e salvare il pianeta, quindi invitare, scongelare, cucinare, ridere, bere, approfondire, scherzare fino a notte fonda.  E pesarsi col mal di testa il mattino dopo.

La convinzione che la terza guerra mondiale sarà tanto breve da non consentire il cupio dissolvi con anime lepide e lipidiche, si è fatta strada: bisogna puntare al consumo dell’esistente. Ma non da solo, è impossibile con un frigo, fitto di pecorini a varia stagionatura, di salsicce, bottarghe e dolci sardi.

Quando arrivo in questa stagione mi guardo e riduco le calorie. Adesso è l’ora del pomodoro a fette grosse con il cetriolo, dei trionfi delle insalate pastello, del prosciutto sposato con fichi e melone. Ed invece il frigo straripa di spalla di maiale affumicata, di pezzi di cinghiale, di lardellati, di culatello.

Sovvertirò la cousine reinterpretando il maiale, servendolo freddo e sfilettato tra insalate d’orzo con verdure. Il pecorino a dadini disperso tra pomodori e melanzane appena fritte e messe a meditare tra alici e capperi. Saor di sarde e sogliolette tra uvette e pinoli con contorni di verdure all’olio.

Dolci al cartoccio, da piluccare distrattamente per non consentire alle calorie di capire dove stanno finendo.

Tutto poco, tutto a porzioni piccole, con gran dispendio di piatti e bicchieri, tra valpolicella ripasso e bianchi di nerbo.

Il giorno dopo ci saranno scorte per rifocillare un’armata, speriamo non portino niente.

p.s. qualcuno sa dirmi come fanno i pecorini sottovuoto ad impestarmi il frigo?

maturo gentiluomo

La percezione dell’età si basa su canoni di adeguatezza ambientale: funzionalità fisica, mentale, sessuale. L’ambiente scelto e non imposto, è la cuccia, in cui l’equilibrio è possibile. Esempio unico nel mondo animale di governo globale e trasformazione funzionale dell’ambiente per una specie. La giovinezza, quando prescinde dall’età, perde consistenza: è un’età indefinibile della vita ed essere giovani non è più solo un fatto di tessuti, ma di atteggiamento verso la vita. Perchè rifiutare l’opportunità che viene offerta di esserci integralmente, a lungo, di procrastinare la decadenza. Certo si perdono alcune gioie come l’osteria e i dialoghi sul tempo, le acute osservazioni sul passato immaginario, la narrazione intensa del servizio militare o delle imprese epiche, sessuali, gastronomiche, etiliche, i silenzi protratti e sonnolenti. Ma bisogna pur perdere qualcosa, se si sceglie di passare dalla giovinezza al collasso rinunciando alla saggezza presunta ed inane. Un buon indice è l’attenzione al nuovo, compreso lo stimolo sessuale: se permane, la mente e lo sguardo restano ironici e attenti. Ma in questi casi a volte il dubbio mi assale: meglio maturo gentiluomo o vecchio stronzo?

saudade

pesce che vola

Mentre volavo,

ero pesce,

e i sogni

si sono incastrati

togliendo carne,

come ingranaggi.

Chi ha detto

che fa poi male?

 

sciupafemmine

Il dongiovannismo è un mestiere serio. Non scevro di rischi, nella sua essenza, è circolare ed insoddisfacente. Prodotto alto della volontà e dell’intelligenza, si nutre di perenne ricerca, essendo la conquista, il fine che esaurisce il piacere.  Come se ne parla oggi se ne svilisce l’impegno, paragonandolo alla quotidianità amorosa giocherellona.

Meno nobile, diversa, ma attraente, è la condizione dello sciupafemmine. E molti vorrebbero praticarla, non conoscendone i rischi e soprattutto l’impegno. Inizialmente tutto sembra semplice: captare la disponibilità, condividere, lasciare, poi riprendere il ciclo con leggerezza, ma che fatica mantenere il ruolo, la capacità e la fama nel tempo. Per questo, lo sciupafemmine, dopo i fasti iniziali, ha la convinzione che le femmine lo sciupino e vorrebbe essere finalmente lasciato in pace.

Detto ciò, con buona pace della linguaccia Minnie, non appartenendo né all’una né all’altra categoria summenzionata, affermo sin d’ora che non parteciperò ai loro eventuali scioperi di protesta.

pascha

colzaLa strada è un serpente, scaglie di macchine che ondeggiano piano. Caldo, ancora caldo e la coda si muove a scatti. Non c’è razionalità nelle code, ovvero c’è, tant’è che in matematica si studia la teoria delle code, ma la teoria oggi non serve per andare avanti. E come lo spiego allo strombazzatore, che rompendo i timpani, non si avanza? Eccolo che sgomma e supera: pace. Lo ritrovo fermo con la polizia, 100 metri avanti ed una leggera soddisfazione allevia l’attesa. Comunque di questo passo saremo al mare in tre ore.

Maria, al telefono mi chiede di passare da lei. Maria è la mia ” badante”, quella che una volta alla settimana mi scrive:”ma quanto siete bravo, signor roberto, avete pulito il bagno, ho cambiato i lenzuola, i asciugamano e non tolgo la polvere dai libri. Ma quanti libri avete, signor roberto, si vui non li toliete da terra, come facio io a pulire?” eccetera. Abbiamo una letteratura epistolare soddisfacente tra noi, anche se sui detersivi la deludo sistematicamente perchè mi propone marche inesistenti al super sotto casa. Oggi la cosa è riemersa quando sono salito da lei: ” si vui non mi date detersivo come facio a pulire”… “Maria, quella marca non la trovo”… ” come no la trova, basta andare al magazino all’ingrosso e si trova”… ” Maria, me ne vendono 20 litri e ci impiego tre ore tra andare e venire, ti pare sano che mi riempia la casa di taniche di detersivo? “… ” fate cumi vulite, io pulisco con quelo che trovo”… ” ecco brava, fai così”.

Ma non sapevo che oggi per gli ortodossi è pasqua e che Maria aveva preparato il pranzo tradizionale Moldavo. Sono riuscito a cavarmela in tre ore, un litro di vino di casa che non fa male, solo sonno, 5 portate per assaggiare. Il mare se n’è andato, ho optato per il giro in bici. E lungo il fiume c’erano macchine e tavolate, musiche balcaniche, arabe e rock ucraino, partite di calcio plurilingue. Avete mai pensato che uno sport come il calcio ha regole universali e che chi gioca non occorre conosca la lingua del compagno o dell’avversario. Infatti c’era un fiorire di “pasa, pascia, passa…” e scoppi di risa per i tiri sbilenchi. Ed io a cosa pensavo? Al fatto che nel veneto della lega, ci sono extra comunitari dappertutto. Che appena questi avranno la cittadinanza voteranno per la lega, che la loro crescita demografica molto più veloce rispetto a quella indigena, modificherà abitudini e festività. I musulmani osservanti non lavorano il venerdì, ma come fanno in conceria nelle valli dell’Agno, lavorano la domenica. Quindi meglio gli osservanti. Che sosterranno i consumi di noi inappetenti, anche se gli involtini fritti nella foglia di vite e in quella di cavolo, non li ho ancora digeriti. Che Georghe, con tutti i suoi,  otto tra fratelli e cognati, tifa per il Milan e dice che Berlusconi è un bravo presidente. ” del Milan” gli dico io. ” e che fa, del Milan, dell’Italia: è la stessa cosa, no?” E capisco che Georghe è più integrato di me.

E’ bella la pianura veneta, i colli sono vicini e in bicicletta si vedono bene i campi in sfarzo di primavera. Ci sono estensioni grandi di colza, con un mare di fiori gialli che ondeggiano. Saranno gli aiuti comunitari che hanno orientato la semina: qui ormai si produce quello che decidono a Bruxelles. Solo le vigne resistono come cultura autoctona stabile. In questi campi lavorano tanti extracomunitari, lo fanno bene, senza paura per la fatica. Chissà se saranno loro i futuri contadini di questa parte di Italia. Ne parlavo con un sindaco neo eletto in parlamento per la lega, dicendogli che mi pareva incongruente voler cacciare i “foresti” a parole e poi affidargli i nostri cari, gli anziani, giorno e notte. Non capire che tutta la manualità dai campi alle officine (non è casuale la citazione) si sta trasferendo su altre braccia che non sono nostrane. Che il futuro è fatto di convivenza e rispetto reciproco. Mi ripete la litania dei regolari, del rispetto della legge, delle regole che valgono per tutti. Sono daccordo e se magari la smettessimo di pagarne la maggor parte in nero, non sarebbe meglio?

La giornata è bella, il sole scalda, i pensieri di rivincita politica possono attendere: abbiamo 5 anni per capire e per crescere.

Siamo vivi e combattivi e digeriti. Vi pare poco?

auguri

 

Da molto tempo ho un cattivo rapporto con gli auguri dal significato religioso, nel senso che non hanno per me significato. Non mi muovono nulla, si riferiscono a cose che guardo e limito al rango del conoscere comprensivo. Mi interessa, sono curioso: la notte di natale ero in piazza san Pietro per vedere le persone in attesa. Ho anche cercato di entrare in chiesa, affascinato dalle luci, i canti, la ritualità. Era interessante, ma capisco che chi crede ci trova cose e sensazioni che non mi appartengono.

Questi giorni di festa pescano nel miei ricordi di ragazzo, nelle preesistenze dei campanacci agitati per scacciare presenze maligne, nel fascino e nella potenza di formule latine e greche che chiedono conto del male fatto, nell’uso della tenebra e della luce. Qualche anno fa ero a Ratisbona la notte di pasqua e sono entrato in cattedrale. La chiesa era immersa nel buio, gremita e silente. In mezzo all’abside, illuminato da un cero, il lettore si rivolgeva al vescovo e al popolo, scandendo le parole. Poi l’esplosione del gloria e della luce: una saetta ha attraversato le navate diretta ai sentimenti e ognuno ne ha ricavato il suo. E’ stato emozionante, ma mi fermo a questo livello di sensazione profonda.

Capisco che le feste per chi ha fede hanno altri significati, epperò non è il mio bisogno. Sarà per questo che gli auguri mi mettono a disagio come una formula vuota. Che faccio, uso la formula degli auguri astronomici, assolutamente incomprensibili?  No, amici cari, vi auguro di passare tre giorni allegri, con bel tempo e buona compagnia. E poi ciascuno ci aggiunga ciò che conta.

ninna nanna

Spesso parlo di passioni, d’amore, di sentimenti: sono pensieri che mi seguono, su cui ho costruito e smontato la vita. Ma dopo due giorni passati in un posto strano, bello e molto finto, ho pensato di dedicare una ninna nanna ai diecimila professional dei fondi e dell’immobiliare, che in questo momento affollano Cannes.

  • A quelli che stanotte saranno ancora nel gessato blù, grigio, nero, marrone che portano da stamattina.
  • Agli ebrei ortodossi con cappello, treccine, vestito nero e miliardi da investire in palazzi da affittare.
  • Agli arabi degli emirati e del petrolio a 110 dollari, che non sanno più cosa comprare.
  • Ai russi, pieni di ragazze nude inguainate d’oro che propongono posti impossibili per divertirsi
  • Agli inglesi affamati di nuovi budget da schiantare assieme ai bicchieri di champagne.
  • Ai francesi profumati che sentono puzze che non sentirai mai.
  • Ai tedeschi che fanno sistema con la birra e i wurstel portati da casa.
  • Ai nordici che parlano tutti assieme, bevono tutti assieme, ridono tutti assieme, ma tutto piano.
  • Ai cinesi che propongono città, fatte di palazzi verticali di smalto e vetro che contengono città.
  • Ai greci a ai portoghesi che da tre anni vendono lo stesso campo da golf e intanto regalano palline.
  • Agli italiani che non sanno bene se hanno qualcosa da vendere e intanto, offrono risotti, chianti e parmigiano, poi si vedrà.
  • A tutti quelli che vagano in cerca dell’affare della vita e poi non sanno che farsene. Della vita e dell’affare.

In questa notte immobiliare,

un affare puoi trovare,

ninna nanna rap.

Siamo sbronzi in riva al mare,

col vestito da smacchiare,

ninna nanna rap.

Compro tutto

non fiatare,

ho uno yacht da affittare,

tutti i conti da pagare.

Ninna nanna rap.

Champagne e ostriche

da amare,

fumo e alcool da stordire,

saremo ricchi

non temere.

Ninna nanna rap.

Mille metri di cristallo,

basta solo cantierare,

 soldi e vite

da sognare.

Ninna nanna rap.

In gessato

anche a pisciare,

tubini e gucci

da sballare.

Se stanotte mi vuoi amare

Ninna nanna rap.

Ninna nanna immobiliare

tutto il mondo da comprare,

tutto il mondo ricoprire,

vendi tutto e non pensare,

ninna nanna rap.

felicità globale

Prima venne l’idea della felicità collettiva, come possibilità e diritto, poi per molti, questa si trasformò, nella somma di tante felicità individuali. Come se la sommatoria desse sempre un segno positivo e non fosse una realtà algebrica, con chi era felice per sottrazione di altra felicità. Questa era una prima misura della spontaneità ignara che pervadeva un pò tutti. Non ci rendevamo conto di essere dentro un processo che avrebbe mutato le nostre vite.

Il binomio gioia e rabbia era sostanza: alcuni analizzavano tutto, stabilivano l’aderenza ai principi studiati di susloviana osservanza. Altri lasciavano il primato alle sensazioni, non approfondivano: se tutto era nuovo che nuovo fosse davvero. Ero uno di questi e non mi è mai passata l’idea che lo studio fosse più di una delle componenti della vita. Ma il deviazionismo anzichè essere un valore come rifiuto del dogmatismo, era una colpa, questo ha reso molti di noi cani sciolti e salvandoli dalla successiva deriva del ritorno a casa.

Questioni a posteriori, queste; per i più la sensazione era che si potesse semplicemente uscire da un mondo troppo ingessato: un bel relativismo individuale ed una rigorosità nei principi collettivi. La giustizia sociale, la sopraffazione avevano nomi precisi, identificabili nel Viet Nam o nella Persia dello Scià o a Cuba. Luoghi in cui si combatteva per un mondo diverso e più giusto e non era necessario iscriversi ad un partito per sentirsi dalla parte giusta.

Il cambiamento maggiore era però nel quotidiano: più libertà nei rapporti, si poteva fare all’amore anche se non si era fidanzati, mutare le regole condivise. Anche prima magari era così, ma adesso sembrava che le cose si svolgessero alla pari. Forse questo è stato il maggiore cambiamento di quegli anni: le grandi ragioni incontrarono l’insuccesso politico, ma ci furono le premesse per un mutamento sociale duraturo. Chi era di poco più vecchio improvvisamente appartenne ad un’altra epoca.

Alcuni restarono sull’idea della felicità collettiva, entrando nei partiti, e sperimentando il beffeggio di chi sapeva come funzionavano le cose: la felicità non era una categoria della politica, casomai un incidente transeunte.

Altri perseguirono con maggiore decisione l’idea della felicità personale attraverso esperienze a tempo indeterminato, ma con la scadenza come il latte. La scoperta del corpo, la relatività del dolore nei sentimenti, la possibilità di cambiare moglie e lavoro. Allora le mogli sono diventate compagne e la dimensione del giorno si è dilatata invadendo la notte. E’ iniziata la scoperta del vivere individuale, spostati i limes, ad iniziare dai sentimenti e dal lavoro che da fisso diventava mobile: si poteva ricominciare e la speranza era una modalità del vivere.

Molto è buono di quanto è successo ed è talmente poco labile, che siamo ancora a discutere dei prodotti di quella stagione.

Stagione iniziata prima con la musica, la letteratura, le arti, i singoli entusiasmi contro qualcosa, il tutto confluito in qualcosa di imprevisto, fatto di casualità e ribollente di possibilità.

Molti ci hanno vissuto per anni su quella stagione, hanno trovato ragioni per giustificare, per vivere. Non importa se non c’erano, non importa se hanno capito cose diverse: l’effetto inconsapevole del movimento era stato raggiunto.

Con il ’68 non si sono creati reduci, solo storie e interpreti. I ricordi si riferiscono ad una stagione in cui è stato intenso essere giovani, il mondo era mutabile e la propria libera felicità era cosa buona, atta, imperscrutabilmente, ad aumentare la giustizia nel mondo. Da quel momento la giovinezza si è prolungata, come se le idee e la speranza di realizzazione, impedissero di diventare vecchi e molti ci credono ancora a questo assioma della giovinezza.

Vi pare poco?

pavidi addobbati

QWillyuesta storia dello spirito del natale non la sopporto più. Persi i riferimenti religiosi, non resta nulla oltre alla massa che si sposta tra negozi, famiglie, convenzioni, vacanze, regali. Molto vero, molto finto privo di impegno. A chi dovrei sentirmi vicino, alla signora Moratti che lascia i bambini fuori dalle scuole? Ai sindaci che non iscrivono all’anagrafe i residenti senza reddito adeguato? Ai teocon che negano le convivenze? Ai boni homines che pensano che la morte sul lavoro è fisiologica? Ai pavidi addobbati che si nascondono dietro l’impunità? A chi non ha mai voluto davvero cambiare qualcosa? Ai cinici professionisti, che tanto tutto è uguale? A chi non sente più la miseria come un problema da affrontare? Non mi piace questa compagnia e allora basta, non rispondo agli auguri senza senso, lascio che pensino ciò che vogliono di me e cammino con chi capisce che si cambia ogni giorno, con fatica, passione e amore.