la vita piena

 

Si oscilla tra il bisogno di sè, contrapposto al terrore del vuoto. Inseguiamo il mito del raccogliersi senza pensieri disturbanti, col tempo che fluisce e l’ozio salvifico, mentre le vite sono piene per necessità o per scelta. Qualche giorno fa ero ad un  inutile corso per manager stressati. Ci guardavamo straniti ed in preda all’horror vacui, ma avremmo dovuto ricorrere ad altro che non fosse la banalità dell’ introdurre il life management nel time management. Finchè ascoltavo, distratto pensavo alla vita mia e a quella di gran parte degli umani e di come la vita venga riempita a mo’ di vaso, salvo romperla talvolta per eccesso di pressione. A come le donne nella loro vita colma, introducano affetti nel tempo ed invece, come  gli uomini caccino gli affetti per utilizzare meglio il tempo. Credo si sappia che non amo molto le generalizzazioni di genere, ma in questo caso sono i ruoli ad aver introdotto una diversità evolutiva, configurato caratteri e sentire differenti. Più o meno, credo sia così. Quando si fa qualcosa che è fuori della propria abitudine o conoscenza questa prende il carattere del piacere o della necessità; in entrambi i casi per la sua episodicità, è più intensa e performante rispetto alla consumata gestione della consuetudine. Quando un maschio si occupa di bambini, anche se sono i suoi figli, lo fa con stile diverso, attenzioni differenti, non è abituato, non è il suo tempo prevalente. E’ un esempio, magari ricco di eccezioni, ma non distante dalla realtà. O almeno da quella che io percepisco.

Torniamo alla vita piena e alla risposta alla domanda: perchè riempiamo le nostre vite?

  • Per paura della della solitudine,
  • per non pensare alla banalità del quotidiano,
  • perchè è più semplice fare anzichè pensare,
  • perchè la stanchezza è una buona soluzione ai problemi irrisolti,
  • perchè la necessità rimette la vita in un arbitrario ordine confacente,
  • ecc.

Credo che sia per questi motivi e per molto d’altro. E se alla fine, come per l’amore, riempire la vita è una pessima risposta alla solitudine, al contrario di risposte più soddisfacenti, è semplice e dà altre soddisfazioni, quali il provvedere, il farsi carico, il denaro, il successo, il potere, o più semplicemente è quell’espressione del bene portato verso l’esterno che è la presunzione del rendersi utili. Quindi un bene deviato per sè, applicato agli altri e che non serve a nessuno secondo quanto promette. In realtà tutto questo riempire è una enorme ” ammuina” per fare apparenza, ma alla fine, come ben sa ogni donna e uomo, il chiudersi della giornata, lascia vuoti e sgomenti di fronte alla prospettiva di un nuovo giorno che ripeta il precedente. Solo l’horror vacui gestito, cessa di essere abisso e cambia i tempi, le relazioni, la vita.

Abbiamo una via d’uscita che passa attraverso il rischio e la curiosità. Entrambe come vengono e senza l’obbligo del fare, ché quest’ultimo non è obbligo inferiore all’inazione e chi sbandiera il fare ha spesso qualcosa da nascondere a sè stesso. Già sapere che c’è almeno una via d’uscita, aiuta, eppoi se una valigia vera o interiore è sempre pronta qualche significato ci sarà pure. Perchè è proprio l’andarsene la via naturale al troppo pieno, la soluzione modulare e semplice che ognuno utilizza come crede. Con la fantasia, con la realtà, a piccole dosi o con grandi strappi. Andarsene per avere un’altra possibilità.