black hole

Alzando gli occhi da Le Scienze, hai parlato di milioni di anni, della ricomposizione delle galassie. Non c’era molta attenzione comprensiva, forse curiosità per i numeri, ma che dire del collasso della galassia?

Solo Piero, togliendosi la sabbia dai piedi, ha rimescolato i pensieri: 120 milioni di anni, ma non doveva collassare prima? e poi, ho comprato le sogliolette per stasera. In saor

Chissà perchè, in testa sono apparsi  i sottotitoli de l’Infinito di Leopardi ed una vaga malinconia dimensionale:tutto troppo grande e lontano. Siamo in questa spiaggia con l’entropia dei sentimenti che la stagione non aiuta.

Vivere nell’oggi, ma non dell’oggi. Non ci pensavamo così nella maturità. Peggiori forse, vedendo i nostri padri, usurati dalla responsabilità, dall’amore devoto e costretto. Ma in realtà non ci vedevamo, come molti di voi, e neppure presumevamo, persi in un gioco ilare di scommesse sessuali.

Questa galassia, sotto l’ombrellone, è un incrocio di competenze: ognuno ha seguito estro e vita. Cosa difficile ora. E anche la spiaggia è anomala, coda di migrazioni in zaini e infradito. Allora abbiamo scoperto baie e osterie, sentieri da capre e capanne sfondate, abbiamo seminato fumo su panorami stupendi, generando stupore e ripulsa.

120 milioni di anni per rimettere assieme qualche migliaio di galassie senza più veder le stelle per questioni di velocità reciproca. All’universo ubriaco che ci priverà del cielo stellato, dovrebbero togliere la patente.

Solo Piero osserva, guardandosi attorno, che è più facile rimettere insieme le galassie che le coppie e che le seppioline vanno in saor. Anche la galassia centrale in saor. Tutto in saor. Da queste parti l’anima odora di cipolla fritta.

ruggine

di quel cancello, ho la ruggine e la rugosità sulle mani.

Ci siamo scambiati una parola, arcaico, assaporandola come un bacio. Era tutto nel colore della pelle, nella postura eretta. Nei toni bruciati, che continuavano la terra sul corpo magro.

Arcaico per noi, da diluire con gli occhi. Pieno di fascino, per abitudine e ferite. Alieno fino al segno del sorriso.

Come si ride arcaico?  hai chiesto, ed io ti ho risposto: raccontando antiche barzellette.

Parole ripetute, ridendo e indicando il petto. E l’arcaico, serio, a ripetere accenti strani: pronuncia, significato, oggetto.

Alieni, noi, a mostrare il palmo delle mani e nasconderci l’un l’altro nei sorrisi. Abbiamo perduto significati senza batter ciglio, con sollievo, guardando oltre.

agnostico

Stasera il cielo ha elargito: tra nubi di sfondo, squarci di giallo e azzurro degradante fino al grigio. Più in basso, in Prato, il fumo delle castagne arrostite, i banchi di improbabili mobili antichi, le chincaglierie globalizzate. Molte persone, dappertutto. Pochi guardavano in alto la festa di luce, che continuava incurante di stupire. Gioie a strati, a ciascuno la sua: chi sceglie le abitudini e chi la meraviglia. Stasera ho la continuità di sensazioni antiche: ricordi fanciulli di attese e di ritorni. E la giovinezza, quando ad una festa, dopo tanto ballare stretti ero uscito a calmare i desideri e il colore della sera mi rapì, tanto che vennero a cercarmi. Il cielo mi accompagna, assieme alla meraviglia, chi posso ringraziare di tanto spettacolo? 

malintese

Malintesi d’amore,

cullati da sguardi

e gesti sbilanciati:

mi sono fatto più grande,

per accoglierti,

solo per tenerti

e sembravi non finire mai.

Malintesi d’amore,

sorrisi su singulti soffocati,

gesti senza parabola,

sprecati,

asintotici tempi ,

attesa,chiamerà, verrà, con chi sarà,

su lavagne scritte,

ho inciso parole definitive

poi cancellate.

attesa 1

Due scuole di pensiero tra blog e commenti:

  • quella dell’amore cantato al cabaret. Leggero al punto giusto, senza impegni nè dolori, amami ma non prenderti sul serio, quando finisce non è un problema perchè non è mai cominciato;
  • quella delle canzoni napoletane. In sintesi malafemmina e sordato innamurato. Tu solo per sempre, la passione e l’amore sono tutt’uno, non mi lasciare, non ti tradirò mai.

Le filosofie si incontrano dopo la rottura,  in una proposizione che suona più o meno così: come te ne trovo quante/i voglio.

Nella prima scuola era nelle premesse e dovrebbe far ridere dirlo, nella seconda è una tragedia. La mia tesi è che sentirselo dire o pensarlo fa male comunque. Perchè?

Aldilà delle simmetrie amorose, mai bilanciate, se qualcosa di notevole accade tra due persone, questo lascia tracce nella considerazione di sè e quando finisce, chi se ne va si porta via un pezzo di noi. Quel pezzo di noi è carne viva e fa male non averlo.

La chirurgia dell’amore è prevalentemente sostitutiva.