Bisogna far andare per suo conto ciò che abbiamo fatto, lasciare che abbia vita propria e sopportare il dolore, se va dove non vorremmo. Vale molto per cose e per i progetti realizzati, è diverso per le persone, ma anche per queste il lasciar andare è un atto cosciente di amore e di forza. Amore per sé e forza di sapersi privare di qualcosa che riteniamo nostro. Sottolineo l’amore per sé prima che quello per gli altri, perché bisogna avere amore per vedersi davvero nella nostra incapacità di rinunciare ed evolverla sino a rifiutarsi di tenere a forza qualcosa che sarebbe snaturato dal nostro abbraccio e poi ritorto contro di noi. Il possesso, non l’amore, per le cose, i progetti, le persone ci avvelena ed infine genera solo tristezza. Forse questo è il senso che ciò che è importante davvero rimane mentre il resto si perde, perché era giusto fosse così.
Il fatto è che quando facciamo qualcosa di importante, questo diviene un pezzo di noi e quella proiezione della parte per il tutto sembra essere la nostra vita, come fossero due percorsi sovrapposti. Sembra, ma non è, ed il passaggio, la nascita di qualcosa che si separa da noi, è doloroso, ci mette di fronte alla nostra incapacità di tenere ciò che amiamo. Assieme a quel pezzo di noi che erano speranze, possibilità, fiducia riposta, progetti sembra se ne vada la nostra capacità di creare, di dare e ricevere amore. Credo che tutto ruoti in questa percezione di fallimento, dove il non riuscire a tenere, diviene amore negato, ovvero il fallimento della risposta al bisogno principale che abbiamo.
Le cose, i progetti, le persone hanno possessi diversi e vite diverse, ma tutto ruota nell’antinomia perdere/tenere e nel vuoto che ogni assenza genera. Bisogna riempire quel vuoto, non comunque, ma di noi, della capacità di creare che è rimasta integra, della capacità di amare che è disponibilità a ricevere amore, nella capacità di ripartire da sé sapendo che non si è tornati a capo come nel gioco dell’oca, ma si è ben più avanti di quando è iniziato il gioco cosciente del vivere. Non vorrei usare la parola futuro, troppo abusata e troppo consegnata agli illusionisti, ma i sinonimi non rendono, e il futuro ci appartiene, è qualcosa che solo nelle nostre mani e nei pensieri prende forma. Il futuro siamo noi, non altri, e soprattutto il futuro non è ciò che abbiamo fatto, vissuto, conosciuto, ma ciò che ancora non conosciamo, faremo, vivremo.
C’è un fare virtuale/reale che dipende da noi, che approfitta del dolore della perdita, lo elabora e non ne resta prigioniero, un fare sconsiderato che rifiuta il cinismo, la lettura buia della luce. Di questo fare/essere che non dimentica, eppure non resta prigioniero del passato, dobbiamo fare un mantra personale, una preghiera che non chiede ad altri, ma a noi di continuare a donarci la meraviglia del vivere.

Scritto così sembra quasi facile da realizzare 🙂
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a quest’ora e qui è complicata ogni parola e forse superflua.
buona settinama Willy 🙂
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Una consapevolezza che non è facile da acquisire…..ci si prova e si spera sempre di raggiungerla per il bene degli altri e nostro. Buon inizio settimana! 🙂
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Reblogged this on i cittadini prima di tutto.
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lo so che non è facile, sembra il contrario di ciò che è naturale, ma non lo è. Per questo è necessario andare oltre la nostra superficie, vedere che sotto c’è un altro noi, importantissimo e profondo, che ha bisogno di vivere. Lasciar andare è davvero difficile, si perde apparentemente qualcosa, ma ci ritroviamo e ciò che è importante davvero non se va.
Buon inizio settimana a tutti 🙂
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lo faccio ma ci riesco solo perche’ ho delle sicurezze inossidabili(oltre un’autostima versione huge!) altrimenti …non e’ facile…ti senti andare alla deriva fino a che non approdi in una nuova terra promessa….
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Lasciar andare o lasciar essere? Nell’essere l’essenzialità e per l’essenzialità, la possibile, successiva, intermediazione …
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lasciare andare, ma trattenendo dentro di sé quello che di buono è stato
eppure non riesco a pensare “a mai più”
non chiudo la porta
per lui non lo sarà mai (è dentro e parte di me, indissolubile)
gran bel post
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Questo articolo è un saggio promemoria, un qualcosa che sarebbe da consultare e praticare come un disciplina…a volte si riesce, altre è così complesso…è un po’ come riequilibrare il battito cardiaco dopo una corsa…c’è bisogno di tempo…e ognuno ne ha uno suo.
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