pronomi personali

L’io sembra essere il pronome prevalente della nuova comunicazione. Sono stato educato a non usarlo pubblicamente, ai miei tempi lo stile coincideva con il non apparire e anche la modestia veniva considerata un tratto positivo del porsi, ma adesso lo scrivere (anche mio, meno per fortuna il parlare) è zeppo di identità. Su fb si chiede cosa stai pensando, non cosa pensi di… , e la risposta non può che parlare di sé, o direttamente o attraverso il sentire.

Non so se ci faccia bene tutto questo centrare su di noi; da un lato siamo più consapevoli (forse), cresce l’autostima, dall’altro siamo più soli, abbiamo una misura di noi stessi e del mondo forzatamente limitata. Entrare ed uscire da noi stessi ci porta a vederci, e ad essere assieme agli altri, ovvero a pensare in termini di noi. Non è una minore considerazione o libertà, anzi direi che entrambe sono maggiori con questa modalità. Basti pensare a quanto ci stupisce trovare le consonanze con gli altri, proprio mentre ci sentiamo unici ed irripetibili. Proviamo sensazioni comuni, viviamo vite simili, usiamo oggetti ed abitudini allo stesso modo, eppure ce ne meravigliamo, mentre bene lo sanno gli esperti di marketing e di psicologia sociale.

L’unicità, l’io, è in quel 5%, forse, che ci portiamo dietro come dna, educazione personale, cultura, appartenenza per scelta, mescolati assieme alle qualità ed ai difetti di ognuno ( che, gioverebbe pensarlo, neppure questi ultimi sono così singolari), eppure quel 5% ci fa sentire molto parte di noi e poco parte degli altri. 

Come si dovesse dimostrare qualcosa, mentre non c’è nulla da dimostrare e già sentire questa necessità ci rende meno liberi. 

8 pensieri su “pronomi personali

  1. Considero la modestia (e ci aggiungerei anche l’umilta’) anche se non piu’ di moda oggi, un grande pregio. Entrambe pero’ sono pochissimo praticate purtroppo.
    Cerco di fare del mio meglio quindi per non essere autocentrata. Anche se non so quanto poi io ci riesca in realtà. 🙂

    Riguardo a fb e a quella domanda “a cosa stai pensando” in bacheca, ogni volta che la leggo mi vien da rispondere piuttosto scocciata: “ma che te ne importa?”

    Distogliere l’attenzione eccessiva da noi stessi (anche se un po’ di attenzione e cura e’ dovuta, per volerci bene), ci permette di allargare lo sguardo al mondo, di essere meno individualisti (ed egoisti) e nel contempo ci consente di poter osservare meglio noi stessi da fuori (bisogna allontanarci da noi per poterlo fare).

    Il “noi” oltre che piacevole presuppone anche fatica e richiede grande impegno, voglia e tempo, ma puo’ riservare bellissime sorprese e grandi soddisfazioni.

    Buonissima giornata Will, ciao ciao 🙂

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  2. a me piace tanto il Noi.Lo uso spesso ed ho pudore nell’usare Io.forse faccio troppi tranfert o forse e’ solo che i miei genitori mi hanno insegnato cos’e’ la condivisione nel suo concetto piu’ ampio del termine.

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  3. Solo la coscienza della distanza tra un Io fittizio e un “io” che ci riflette dentro come fuori,può permettere di far crescere un dialogo tra le persone che è piacere,profondità e insieme leggerezza.
    Questo però è un dono.Un dono coltivato da pochi e nel segreto di un gioioso intimo sè.
    No! Io continuerò a sentirmi “io” , (medestamente e con fierezza insieme consapevole di Quoelet) legata strettamente a un tutto,scegliendo gli affini.
    Mirka

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  4. Ci isoliamo quando non sentiamo di essere parte dell’universo. Pensiamo di doverci difendere da esso. Avvertiamo le differenze come un ostacolo.
    Sono parte dell’universo e della sua energia. Parto da me, non saprei fare altrimenti. Dentro di me c’è l’universo. Ci sono io e c’è l’altro. Farsi specchio e riconoscersi conforta, non toglie nulla alla nostra unicità.
    Buona giornata Willy

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  5. Ma dove risiede la vera libertà! Nell’ essere se stessi nel modo in cui si riesce ad esternarsi, oppure monitorando il comportamento come risultato o sterotipo di altro del quale dover capire la tendenza?

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