la rivolta delle cose

Stamattina lo scotch attaccava poco.

Ci sono questi momenti nella vita, basta capirlo, sta sempre così arrotolato su se stesso…

Comunque, s’incollava alle dita ed accarezzava la carta, forse aveva paura di sporcarla, d’essere appiccicoso; di certo c’era un patto segreto tra loro. Un patto che escludeva me, le mie necessità. Mai che il cerotto usi la stessa attenzione alla mia pelle; gli dico: dai, uno strappo e via, ma è una scia di peeling che se ne va e per un orso è pur sempre un trauma d’assenza quando si guarda il braccio o la gamba. In quei momenti capisco la pazienza della ceretta femminile, la capacità di sofferenza per piacersi, capisco e divago.

Lo scotch, dicevo, attaccava poco, e le foto, le poesie appiccicate sulle porte dell’armadio aspettavano solo che mi girassi per staccarsi e cadere. Sembrava autunno con tutti quei fogli per terra, raccoglievo in silenzio e riattaccavo. Credo esista una pazienza per le cose diversa da quella che usiamo alle persone, una pazienza che parla loro, le interroga, chiede ragione di tanto accanimento e riflette. La pazienza è uno specchio, deve riflettere, deve far capire cosa si agita dentro quell’immagine che la guarda. La ragione del perché le cose non funzionano sta lì, in quell’immagine che pensa ad altro, che non si cura del mondo piccolo attorno. E’ la meccanica dell’uso che offende le cose.

C’è anche un’ira per le cose, un’ira distruttiva, anch’essa diversa da quella degli umani, un’ira che distrugge e butta via perché, tanto, le cose non capiscono. Gli si spiega che non c’è tempo, che devono essere efficienti, che sono fatte per questo. E le cose si rifiutano; riottose, mule, dinegano, è così l’ira prende e strappa, distrugge, getta. Ma loro, pur a pezzi, ridono di noi. Ho visto una volta gettare a terra con rabbia e forza, una calcolatrice meccanica, le rotelle, gli ingranaggi andavano dappertutto, correndo allegri, mentre l’iroso, ormai contrito, contemplava la sua sconfitta e l’irridere delle cose.

Ma non è colpa delle cose, se si rivoltano una ragione c’è: non abbiamo più il controllo, le abbiamo sopravvalutate prima e gettate in un canto poi. Lo scotch, ad esempio,  sta lì arrotolato, ma è diventato telescopico, il calore della scorsa estate lo ha trasformato in un cono, se adesso appiccica a rovescio e si ribella, è per trascuratezza. Lo abbiamo trascurato perché ce n’è troppo, troppe chiocciole con lo scotch in giro e pochi utilizzi e lui capisce che è finita l’epoca del nastro adesivo. A malapena resistono le graffette e i fermagli. Negli anni del post it e della virtualità si attacca meno. Tutto. Così anche la colla è seccata, proprio incazzata nel tubo rosso e si rifiuta di uscire, non attacca più, piuttosto si strugge a pezzi di consistenza gommosa e inservibile. Un giorno ho detto a voce alta: ma ti ricordi il profumo della coccoina? anche se non mi serviva la colla, aprivo il barattolo d’alluminio per annusarla. aveva un odore di mandorle, di noccioli aperti e poi il pennello a setola dura che scorreva sulla carta, vuoi mettere… Dev’essere lì che la colla s’è offesa e ha detto: adessotisistemoio, perché ha cominciato a sbavare, a venir via a pezzi. Userei lei per i fogli da incollare sull’armadio, ma è secca, rincagnita dentro il tubo e quello che ne esce è solo rabbia collosa, a pezzi bianchi che sporcano, ma non attaccano.

Bisogna parlare alle cose perché non si rivoltino, ripetere loro la funzione che hanno, fare qualche complimento: lo vedi che se vuoi attacchi, sei vecchiotta ma funzioni benissimo, come te non ne fanno più. E bisogna stare attenti, non pensare cose diverse da quelle che si dicono, perché le cose sono telepatiche. Se ad esempio si pensa: come te non ne fanno più. Per fortuna. Le cose sentono e si ribellano, sono permalose le cose. Bisogna stare attenti, parlargli piano, lasciare che diano la fantasia oltre la funzione, ma soprattutto considerare che aspettano, e chi aspetta nel migliore dei casi, pensa ad altro.

p.s. poi alla fine un accordo l’abbiamo trovato

7 pensieri su “la rivolta delle cose

  1. Io di solito parlo alla mia macchina e ho capito che con lei bisogna usare del tatto. hai ragione tu, le cose possono diventare permalose se non le rispetti e non dai loro la giusta considerazione. Se capita che ti dimentichi di dedicargli attenzione per un pò, s’offendono. A giusta ragione, se vogliamo rifletterci bene. Avranno pure il diritto di rivendicare la loro importanza

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  2. Il rispetto bisogna averlo per tutto…..anche per le cose, altrimenti ce la fanno scontare! 😉 Buon fine settimana!

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  3. Io parlo spesso con il mio pc in ufficio, ma la collega di fronte vi è ormai abituata, 🙂 lo sollecito, lo sprono, ma a volte mi indispongo con lui quando non mi segue e fa di testa sua 😉

    ah, il profumo della Coccoina è adorabile, mi riporta ai tempi delle elementari, ai lavoretti, alle pasticciate, ma non sai quanto mi disturba lo scotch che si …”impirola” e si attacca su se stesso e alle mie dita! 😉

    Credo anch’io che il rispetto delle cose, soprattutto di quelle di proprietà pubblica, sia essenziale e nel caso di quelle di tutti indispensabile segno di senso civico.

    Buona giornata Will

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  4. stamattina scendo e trovo una macchina perfettamente parcheggiata in doppia fila con la mia. comincio a suonare, mi agito, dopo 10 minuti sto meditando di andare a piedi . poi arriva un tizio : ero in banca, PENSAVO LEI NON USCISSE. Ecco, quel tipo, senza neanche conoscermi, PENSAVA che io fossi una studentessa ancora addormentata, o una vecchia con alzaihmer e che quindi difficilmente usa la punto bianca, o una che faceva marchette di notte e quindi di giorno dorme. LUI PENSAVA….di me , sconosciua delle cose. Mi ha lasciato talmente basita che ho evitato di sfondargli la portiera a calci.

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  5. Avresti usato la sineddoche colpendo la parte per il tutto, oppure la metafora calciando la portiera anziché il culo, in entrambi i casi te la saresti presa con le cose anziché con l’imbecille

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