Con leggerezza e passione scalpellava facce da mosaici ed affreschi, ma non riusciva ad eliminare tutto; c’era talmente tanto lavoro, accumulato da secoli di immagini umane e divine, impalcature da elevare per raggiungere absidi e soffitti, e sabbia, tanta sabbia che copriva i pavimenti, nei villaggi e città abbandonate, che non poco gli scappava. Lo sapeva ed agiva con determinazione degna d’ un sogno, che poi era un incubo, percorrendo una fascia larga come il Libano e la Syria messi assieme, ed era instancabile, a piedi e a cavallo, dall’ Egitto all’odierna Turchia, senza trascurare l’Italia nell’esarcato. Investiva, con ferocia allegra, chiese grandi e piccole, frequentate e abbandonate ed è per caso ed interesse veneziano, se abbiamo ancora i mosaici di sant’Apollinare e di Ravenna. Era l’iconoclasta.
La sua epopea durò quasi un secolo e mezzo, con oltre 200.000 morti connessi. Fossero riottosi, pagani, ingenui, il nostro, convinto o meno che fosse, si ingegnò ad eliminare il culto delle immagini, il dipingere la figura. In Syria, Libano, Egitto, Giordania, Turchia le sue tracce sono evidenti anche oggi, molto più degli occhi fatti cavare a quelli che possedevano una immaginetta sacra, oppure delle mani tagliate a chi modellava qualche statuetta o la stringeva come preziosa, ma spesso c’era solo la morte e questa, come si sa è solo un numero, pochissimo evidente.
Roma s’opponeva, più o meno decisamente, l’esarca cercava di ammazzare il papa se protestava troppo, molti non sapevano da che parte stare, ma erano anni in cui stare da una parte comportava un rischio non da poco. Eppure ci stavano da una parte, quelli che sapevano, ci stavano. Vi siete mai chiesti cosa significò essere pagani od eretici per circa 1600 anni? Facile essere agnostici nel 2000. Certo fu, che l’iconoclastia non scomparve nel nono secolo, serpeggiò nella cultura d’oriente, in occidente aiutò, non poco, a distruggere buona parte della civiltà Maya e Inca, le rappresentazioni di altre divinità, libri unici e di inimmaginabile preziosità, ma soprattutto uomini; tanti uomini che neppure si riesce a immaginarli.
Chissà se l’iconoclasta adesso fotograferebbe, oppure entrerebbe nei musei, finalmente guardando la mano dell’uomo e il suo genio anziché distruggerla senza vederla. Gli islamici lo fanno, anche se a quel tempo proprio dalla loro cultura e da quella ebraica era emerso il rifiuto di rappresentare la figura. E anche adesso non lo fanno in ambito religioso.
Chissà se l’iconoclasta riconoscerebbe in Kandijnskj, in Mondrian, e nei tanti altri pittori e scultori contemporanei, dei suoi pronipoti, generati proprio attraverso quell’anima russa e slava, ricca di immagini, ma anche di schermi alla divinità attraverso ori e iconostasi come limite di separazione tra immagine e realtà. Vedrebbe nell’arte del ‘900 un riaprirsi della intuizione della divinità nella geometria, che pure già c’era in Pitagora ? Certo fu che, per fortuna, perse la battaglia ed a noi furono regalati 13 secoli di pittura figurativa, statue, ritratti e riproduzioni infinite di capolavori e ciofeche. Ma ciò che lo animò, nella sua orrenda follia, aveva una radice di discussione non banale, e mi chiedo quanta idolatria ci sia, quanta magia, quanti interessi innominabili siano sempre stati connessi all’uso delle immagini, allora, ma anche oggi, quando queste immagini sono state spacciate come cose che eccedono il solo pensiero dell’uomo. Nel popolo, fino ai nostri giorni, i santini erano conservati o, se troppi, bruciati, ma mai buttati.
Noi, in fondo, stiamo lasciando per strada passioni e riflessioni, mentre la grande conquista dovrebbe essere finalmente la discussione senza la distruzione dell’avversario, ma questa in realtà, l’abbiamo rivestita di ipocrite spoglie e non l’abbiamo mai lasciata davvero.

E di me, che adoro la fotografia, che penserebbe? 😉
No, non credo che stiamo lasciando per strada passioni e riflessioni, almeno non tutti. Di sicuro non tu.
🙂
Buona giornata Will
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T’avrebbe cavato semplicemente gli occhietti, per farti un favore e salvarti l’anima 🙂
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