bambini

I bambini, in Senegal, li vedi ovunque, spesso ti sono attorno, e sono tanti, tantissimi, ma alla fine della visita di un villaggio, diventano un fiume in piena alla ricerca di caramelle. penne, quaderni, fotografie, parole. E tutti ti vogliono stringere la mano, farsi vedere e vederti, e si scavalcano gli uni con gli altri per venirti vicino, ti parlano tutti assieme in due, tre lingue e ridono perché non capisci, e ti sorridono sempre.

Quanto sorridono, parlano ed emanano vita, energia, tenerezza …

Non siamo più abituati ai bambini, alla loro allegria esplosiva, alla mobilità senza freni, al vociare, ma soprattutto non siamo più abituati al numero.

In Senegal, come in molta parte dell’Africa, le famiglie sono numerose. Le gravidanze sono precoci -ho visto ragazze incinte di 11-12 anni- e a vent’anni una donna ha spesso già tre o quattro figli; la poligamia è abitualmente praticata, quindi nelle famiglie il numero di fratelli è elevato. Si incontrano spesso bambine piccole che tengono in braccio o per mano, fratelli ancora più piccoli. La campagna contro l’hiv è sottotono, ma si vedono i cartelli perché il problema esiste, mentre non ci sono campagne esplicite per la contraccezione. Queste ultime sono limitate dalla cultura e dalla tradizione. I villaggi sono molto coesi e una donna non lo farebbe mai da sola, perché il marabutto (il capo villaggio),  disapproverebbe, assieme a gran parte della comunità, sia maschile che femminile, con il conseguente isolamento.  

La povertà di cose e di mezzi, ai nostri occhi, è grande, però la mortalità infantile s’ è abbassata. Anche se resta comunque molto alta per i parametri occidentali ed i bimbi sono spesso malati da malattie da caldo, dissenterie per acqua infetta, raffreddamenti per i grandi sbalzi termici giorno/notte (hanno tutti il naso che cola), malaria, malattie trasmesse da animali, ecc. ecc.. In Senegal si muore per poca distribuzione di medici, medicinali, tecnologia. Piano piano, le cose migliorano, ma sembra che tutto sia lento, che basterebbe… In realtà non basterebbe perché il basterebbe deve diventare abitudine, continuità, modo di vita. 

E’ difficile, per le nostre teste, mettere assieme la loro allegria, con la precarietà del vivere,  ma loro ci riescono benissimo, e così i bambini sono dappertutto, e sono i veri padroni dello spazio fisico. Giocano tra le capanne, a frotte rincorrono un pallone, sollevano nuvole di polvere, accudiscono le capre e i fratelli, vanno a scuola, in talmente tanti per classe che l’autodisciplina dev’essere stata inculcata prima di nascere. Esiste una campagna costante per la scolarizzazione di massa, che è ancora un problema per il paese, dove, se si escludono le scuole coraniche, metà dei bambini non vanno a scuola. Je veux aller a l’ecòle et reussir. E’ una comunità che si forma, ma che gioca ancora tantissimo, e questa è una ricchezza che noi abbiamo perduto assieme all’adattabilità nelle condizioni che mutano con rapidità, mantenendo l’identità.

I bambini nei villaggi, non chiedono l’elemosina. E’ una cosa singolare per chi è abituato ad essere immerso nella ressa bambina, africana od orientale, che ti circonda e chiede di tutto. Eppure sono andato in paesi privi del necessario, che soffrono la fame e si mangiano la semente per sopravvivere, dove non c’è alcun sovrappiù visibile, però la dignità è conservata. Credo dipenda dal fatto che l’educazione famigliare è ancora molto forte, che le famiglie hanno cura dei bambini, che la trasmissione di sapere e dignità è pari, almeno, a quella scolastica. Un modo di tenere assieme gli affetti e la penuria che non è un restringere la condizione bambina, ma un suo allargamento verso la fantasia ed espressione libera.

7 pensieri su “bambini

  1. Hanno una luce negli occhi che incanta e quando sorridono trasmettono gioia vera e profonda.

    Meravigliosa questa tua riflessione sui bambini del Senegal. Grazie!
    Buonanotte Will, ciao

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  2. Una riflessione dolcissima….è vero i bambini sono bellissimi…..la gioia emana da tutto il loro essere…dagli occhi dal sorriso…..e a volte ci spaventa per l’intensità.
    Buona giornata!

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  3. Me li immagino quei bambini, sento quasi la caciara colorata delle loro voci. Una volta, tanti anni fa, succedeva anche qui. Le strade pulsavano di vita ed era un bel sentire. Ci siamo persi per strada anche questo, oltre che la stessa solidarietà, il valore degli affetti come punto di forza, e un bel pò di gioia di vivere, lasciamelo dire.

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  4. probabilmente in un futuro prossimo l’Africa diventerà il motore trainante dell’economia mondiale. E’ un paese giovane, giovanissimo, e sono i giovani che danno le spinte più forti per un miglioramento del proprio Paese, che vogliono tutto subito e si danno da fare perchè questo succeda. Noi, che abbiamo fatto dei bambini dei piccoli buddha, uno a testa, massimo due con quel termine lezioso orrendo “abbiamo una coppietta”, ci stiamo perdendo il futuro. Tra 10 anni ci saranno più anziani che giovani in Italia, in Africa ci saranno tanti giovani : chi vincerà la sfida del futuro?
    quanto alla tenerezza…che mondo sarebbe senza quella dei bambini?

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  5. Quanto dice Minnie e’ la misura della nostra cecità, l’occidente sta invecchiando e pensa di conservare la sua supremazia riducendo gli abitanti, perché così fatalmente accadrà, e regolando gli accessi, non basterà nessun muro a fermare l’ingresso di folle giovani che premono. L’Africa veniva considerato un continente a perdere, un luogo da spolpare di materie prime e riempire di rifiuti, in parte e’ ancora così ma sta mutando con rapidità e se questi bambini avranno coscienza della loro forza saranno una delle forze di crescita del mondo
    Dobbiamo essere amici e crescere assieme, non e’ buonismo, e’ convenienza comune, recuperare un poca della loro grazia e gentilezza, ma non mi pare si vada in questa direzione.

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  6. non so. non ci credo alla forza salvifica dell’africa. non glielo permetteranno. disinnescheranno qualsiasi sogno come con mandela.
    nessuno sogna l’africa, parafrasando danilo dolci. nessuno sogna i suoi bambini, ma solo l’uranio, l’oro, il petrolio… guarda il niger.

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  7. Raccolgo le parole di Minnie sui piccoli Buddha, li vedo tanto infelici e soli… Ho sentito spesso dire “abbiamo deciso di avere un figlio solo, così ci concentriamo su quello”. E’ una frase tristissima, anche se giustificabile col periodo di crisi. Ma non attribuiamo tutto al periodo di crisi, insomma. E’ cultura che nel tempo si è radicata prendendo spunto dal bambino-specchio della famiglia, da puer consumens che porta addosso capi firmati a vessillo del benessere familiare. La condizione infantile da te descritta esprime quella forza che i bambini qui stanno perdendo, nella pedagogia del problem solving, delle competenze+abilità e dell’educazione sempre più povera del senso dell’esistenza, del percepirsi tutti interi. Insomma la sfida del futuro si gioca avendo cura di vedere fuori dal nostro piccolo orticello e imparando.

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