Da qualche giorno giro attorno alla brutta foto, è l’insoddisfazione per quanto faccio, risultati di cui non posso menare vanto. Vivere sulla superficie, sul giorno, oggi sembra un modo felice d’essere e lo si maschera con la levità, cosa ben diversa e profonda. Ieri camminavo su un sentiero dei Berici, che passa accanto a villa Valmarana “dei nani” e la Rotonda. Si sentiva la bellezza ovunque, il senso del Tiepolo usciva dalle ville, con la sua gloria del celebrare/operare nella natura, e traboccava nei campi fusi con l’architettura, nel Vitruvio di Palladio. L’idea elitaria dell’equilibrio negli edifici, dell’utilità del bello, cancellava, non la fatica immane degli uomini, mostrata nel fare grandioso, ma la distruzione operata, come vi fosse stato un riconciliarsi tra economia e luoghi, abitare e natura.
Cercavo un’inquadratura per dire ciò che sentivo e alla fine mi son trovato a fotografare le stoppie sul terreno bruno, oppure muschi sulle piante di pesco.
La propria superficialità colpisce come uno schiaffo quando non riesce a percorrere la strada verso l’anima delle cose, che è poi i miei occhi e il mio cervello. Forse volevo leggere l’insieme e il dettaglio, non m’accontentavo del particulare, e volevo dare forma alla sensazione, perdevo il senso. E così pensavo a quanto, altrove, sentivo da qualche giorno, d’una tristezza che cerca le sue ferite, e muta i suoi occhi in grigi. Come un lupo che insieme sani e rivolga i propri denti a sé. Pensavo a bolle che vogliono volare e sopportano poco il peso della polvere sull’iridescenza, ed era il volare che mancava, mentre il freddo gelava le superfici, le dita e non i cuori.

Non ci sono brutte foto, ci sono foto che magari non ci piacciono perchè secondo noi non riescono a dire e trasmettere quello che vorremmo. E quindi questa insoddisfazione ci fa vedere brutto lo scatto.
A volte basta però lasciare trascorrere qualche tempo e ritornare in altro momento e magari con altro spirito a rivedere quegli scatti.
Magari funzionasse così anche per l’insoddisfazione che ci prende lungo i nostri giorni. 😦
Come nella fotografia, anche nella vita a volte è meglio osservare l’insieme, però qualche volta riesce meglio il particolare. Osservarli entrambi disperde le energie e non porta a grandi risultati.
Ma chi soffre della propria presunta superficialità, superficiale non lo è assolutamente.
Buonanotte Will
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l’inquadratura nella foto è importante
anche nella vita, mettendo l’obiettivo fotografico tra noi e l’oggetto, qualche filtro.. guardando da lontano.. tornando a guardare la propria vita in modo distaccato come una fra le tante e neanche la peggiore..
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sono licheni, non muschio 🙂
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indubbiamente e fortissimamente licheni 🙂
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Beh, l’accostamento di suggestioni è notevole: Tiepolo, Palladio, ville … e poi arrivi tu a fotografare “le stoppie sul terreno bruno e i muschi” e pretendi d’esser contento, no, di più, di vantarti? 🙂
Non credo si tratti di superficialità in questo caso. La brutta foto è questione d’inquadratura, forse – non m’intendo di fotografia- ma probabilmente più del fatto che la foto non racconti il tuo sentire. Il particolare e l’insieme, oppure un particolare e un altro ancora, non sempre si può tenere tutto insieme, io non ci riesco che raramente, e non solo con le cose che faccio ma anche con le percezioni di me stessa che si intersecano. Conviene assolversi e dire, che so, che se oggi non sono stato un buon fotografo avrò fatto qualcos’altro di buono, non per un’incursione del brutto nella propria giornata ci possiamo dare in pasto all’insofferenza.
Nel ruolo di saggia come vado? 🙂
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nel ruolo di saggia vai benissimo 😉
ma nel pazzerello/razionale meglio.
Devo stare attento al conflitto sentire/ragionamento/istinto, fotografo come scrivo, per istinto, sul ragionamento sono deboluccio o forse ho una macchina che contiene troppo poco sentire
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Avrei dato di pazz… erella? Dove? Quando?
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e chi può saperlo, spero che tu non viva nella saggezza, che la pazzia del confronto tra passione e razionalità ti accompagni. 🙂
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Certe volte l’anima delle cose non è così pronta a diventare una bella foto.
Dove “bella” dovrebbe significare gratificante per l’occhio, e si sa che ogni occhio si gratifica diversamente.
Certe volte, l’anima delle cose non ha voglia di incanalarsi nel nostro senso estetico, nei nostri ghirigori stilistici.
Ci sono emozioni che si riesce a mettere nero su bianco, scrivendo o fotografando, ed altre no. Altre che riescono meglio a qualcun altro.
Non per nulla ogni fotografo ha un suo genere preferito.
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Sono d’accordo Roberto, con le tue considerazioni e sai che le tue foto ad esempio, mi piacciono molto, sono belle, curate, raccontano. Questa parte del mio leggere la fotografia, ovvero stabilire una relazione con ciò che viene mostrato è ciò che cerco negli altri e in me stesso, non mi fermo al senso estetico, cerco di leggere il pensiero altrui, ci metto il mio. Sono animista in questo, vorrei che lo spirito delle cose diventasse immagine per me, non è nulla di pretenzioso, è una questione per cui butto, scarto, e non basta mai e la bella foto per gli altri, spesso non lo è per me, lo sono altre invece, magari mosse e sfuocate, ma contengono il senso di ciò che pensavo di vedere.
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