mare d’inverno

La spiaggia è affollata. Non come d’estate, mancano i corpi nudi, l’odore di olio abbronzante, le file serrate di lettini e sdraio. Gli stabilimenti sono chiusi, la città riprende il suo ruolo, anche il denaro che d’estate, s’intuisce in ogni gesto, torna al suo posto: c’è gratuità, cortesia. Le persone sono in spiaggia, sciamati dai bar del corso, per il sole e per il giorno di festa. E’ la vita normale. Chi abita nei posti di mare, d’inverno lo frequenta per sé, lo gode. La diga ha due flussi che s’intersecano chiaccherando, e il dialetto aperto, la cadenza, le voci, avvolgono, fanno sorridere. Nei passeggini, i bimbi immersi in questo cantar parlando, in quest’aria e queste luci di tramonto, credo conserveranno traccia di questo vivere. Qualcosa, da qualche parte, resterà. In fondo è stato così anche per questi ragazzi, con ciuffi e tagli strani di capelli, sono qui nel pomeriggio prima d’una discoteca, d’una casa, di altri svaghi ed avventure. Qui, attratti da un mare che non ha senso se non perché qualcosa ci manca e lui riempie, per suo conto, senza nulla dovere, né chiedere. Esiste ed attrae.

Flusso e spirale coesistono in me, ego e movimento verso l’altro. Chi non ha una doppia natura, fa fatica a capire. Ha bisogno di cose solide, catalogabili, tangibili, esattamente il contrario di ciò che sono. Così è impossibile prendermi, capire che sono in questo mare d’inverno e sto bene, che ciò che ho attorno mi parla ed al tempo stesso ne sento intera la singolarità. Ne ho esperienza, se voglio la condivido, ma lo posso fare solo con chi mi accetta e ha capacità simile di vedere. Il mare d’inverno non è poesia, e neppure colori, è il senso di essere qui, ora, con la mia testa, la capacità di dire e comunicare la piccola parte di ciò che sento. Non occorre di più se si sentono cose simili. Questo luogo è una passeggiata, oppure un dialogo, è quiete e rombare di pensieri. Prima percorrendo la valle attorno all’acqua, guardavo e ricordavo. Avere una memoria composita e forte diventa una parte di come si sente il mondo, non è abilità da fenomeno da baraccone. Mi vien da sorridere quando mi chiedono cose per me inutili, tanto mi ricordo, dicono, questa fama si è consolidata nel tempo e per me non vale nulla perché nulla dice. Diversa è la memoria che ti dialoga dentro, che mescola, odori e sensazioni, mette nei luoghi le persone, una telefonata, un messaggio, una barca vista, un colore, l’aria di allora, l’esporsi al sole. Quella memoria conta perché è vivere come sono ed è questo uno dei motivi per cui non m’arrabbio. Perché ricordo. Ricordo situazione, luogo, persona, emozione, parole, aria, odori. Ed è qualcosa che si scrive dentro, non se ne va e mi cambia. Credo dipenda dalla dualità che mi porto dietro, dal cercare un equilibrio che permetta d’essere dentro e fuori di me, guardarmi e guardare.

Cammino, mi godo l’aria, i cani che corrono, le parole leggere. Cammino e penso che spesso non mi difendo, che preferisco il silenzio, che accetto l’incomprensione, dopo qualche tentativo di ragione. In fondo è una strada che isola, quella dell’essere incompresi, e porta con sé il rischio d’essere autoreferenziali, ma soccorre l’autoironia, il conoscere la propria misura. E comprendere la difficoltà di farsi capire non fa male più di tanto, non più della caricatura con cui si è visti. Vedere le ragioni degli altri provoca due reazioni, il chiedersi se hanno ragione e il rifiuto di ciò che non ci appartiene. Attraverso le parole altrui  dovremmo riconoscerci, e se non accade? E se si capisce che l’immagine è proprio sbagliata, non è giusto allora non perdere altro tempo?

Raccolgono ancora vongole nell’acqua bassa, ragazzi giocano con i cani, qualche vela sta tornando nel canale. Cammino, mi godo la luce, l’odore di salso, il mio viso che si arrossa all’aria, la fatica sulle gambe. Il sole cala in fretta in questa stagione, case calde attendono, la spiaggia si svuota piano verso i bar del corso (mai visti così tanti in poco spazio, come in questa città), verso il profumo di vaniglia della cremeria, verso le luci che si accendono. Il mare regala un colore d’oro e piccole onde. E’ sera, quasi notte, c’è equilibrio, la vita è una spirale che si dipana e procede con noi finché si disfa.


9 pensieri su “mare d’inverno

  1. Adoro il mare d’inverno e per compensarne la mancanza vado al lago, anche se lì mi mancano gli spazi immensi del primo.

    “Attraverso le parole altrui dovremmo riconoscerci, e se non accade? E se si capisce che l’immagine è proprio sbagliata, non è giusto allora non perdere altro tempo?”
    Non sempre accade.
    In questi ultimi anni, dopo un tentativo andato a vuoto e se l’immagine di me sbagliata permane in persone che non ritengo importanti e troppo distanti dalla mia sensibilità, trovo giusto non perdere ulteriore tempo.

    Buona giornata, Will

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  2. ps. affascinante e significativa la foto del tramonto con quell’uccellino solitario che sembra esser preso nella rete ma invece è libero di spiccare il volo non appena ne avrà il desiderio! 🙂

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  3. La difficoltà a farmi capire è una questione che mi tocca poco perciò mi sforzo in misura minima. Penso di avere contribuito grandemente a creare distanze, avallate dalla mia convinzione che ciò sia quel che dev’essere, che sia nella mia natura e nel mio posto nelle relazioni. Con questo non mi ritengo un’incompresa, credo che ciascuno colga di me qualcosa che sicuramente mi appartiene. Mi va bene così. Sento comunque che mi contengo, praticamente sempre.
    Questa pagina intima che hai aperto qui è tua e solo tua. Posso sentirci dentro il desiderio di un’opportunità ulteriore di condivisione, ma so bene che certi dialoghi sono possibili solo con se stessi.

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  4. Parlare con se stessi per alcuni e’ un’abitudine, una modalità del vivere che ha una forte mobilita’ tra vedere e vedersi. Le mie riflessioni riguardano molto me, anche quando uso l’impersonale. E non potrebbe essere altrimenti per un ego forte con cui faccio i conti. Sul capire/rsi farsi capire, non sono riuscito ad elaborare che due modi d’essere: mostrarsi per come ci vede e sente, accettare di non essere capiti senza peraltro giudicare. L’incomprensione e’ la sintesi di un rapporto a cui si tiene, rileva per quello, in fondo noi mostriamo una parte di noi perché vorremmo fosse parte d’una immagine che trasmettiamo. Io sono i miei pensieri, il mio modi di vedere la vita, ciò che faccio, di intimo visibile in tutto questo ci sono le relazioni e ciò che comunico. Quanto più in questo blog non mi curo di seguire chi mi legge tanto più mi approssimo alla mia vita. Definire cos’è intimo nel pubblico ovvero nel mostrarsi e’ un buon argomento di riflessione.

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  5. Penso tu voglia dire che non ti preoccupa il consenso (nel punto in cui dici che non ti curi di seguire chi ti legge). Ma è bello trovare lunghezze d’onda che ci avvicinino almeno a qualcuno, pochi meglio che tanti. E’ vero che siamo i nostri pensieri (tanti), il modo di vedere la vita (articolato), ciò che facciamo (con tutte le incongruenze), e che nella relazione mostriamo noi stessi come siamo intimamente. Via dal giudizio il più possibile – come la peste – non mi riesce mai definire – spiegare in modo compiuto le persone e le loro azioni, così non mi aspetto che gli altri lo facciano, ma se lo fanno coglieranno pur qualcosa. Nel mio lavoro sono stata una fautrice del voto numerico perchè ho sempre sudato le sette camicie a sentirmi “a posto” dopo una valutazione discorsiva.
    Penso sia limite e insieme un pregio che mi contraddistinguono, quello di prendere a mo’ di spugna senza filtrare più di tanto. Ciò che mi resta è una specie di sedimento delle persone che non cerca una conclusione, ma forma un’immagine impressionistica ricca di sensazioni mie. Dire che vivo gli altri a pelle è poco. E li temo, eccome.

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  6. Credo di passare per snob e magari un po’ lo sono, come accade ai selettivi. Cerco di dire senza preoccuparmi troppo, come quando c’e’ empatia con chi ho davanti. E senza cercare il consenso che fatalmente ci cambia. Spesso non replico, lo faccio anche nella vita e ascolto in silenzio, assorbendo quello che mi colpisce. Il blog ha altre regole forse, ma il pochi e buoni, secondo me, vale qui come nella vita.
    Credo che quanto tu dici su selettività e capacità di assorbire ciò che entra per interesse, di collegare quel sottofondo con una intelligenza orizzontale, sia qualcosa che permette, a persone che hanno questa modalità di ragionare, di capirsi più facilmente. Esistono verticalità ed orizzontalità nell’intelligenza che fatalmente selezionano i mondi, la comunicazione, e vuoi mettere la gioia di parlare con chi e’ sintonizzato con te. Accade, anche se di rado.

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