L’anticamera dell’assessorato è uno stretto corridoio con 5 sedie, vicino alla fotocopiatrice. Sembra un’ astanteria da medici ad inizio carriera, dove la malattia sopprime l’accoglienza. Ma questa è una regione diversamente opulenta; attenta alla sostanza e all’evidenza dei bisogni, porta le sue attenzioni altrove. Solo che di questi bisogni non ne ho, e forse non ne ho neppure mai avuti e anche l’attenzione non può essere di maniera, perché le idee e la fatica hanno valore. Mi viene in mente il destino delle pietre scartate, utili da fondamenta, ma inadatte all’apparenza, reggono il peso con una libertà responsabile. Mi piace questa accezione di libertà, ricca di problemi, nell’esserci con aggettivi a larga gamma, imprevedibili per contiguità. Disponibile, riottoso, responsabile, fantasioso, solitario, socievole, comprensivo, caparbio, allegro, meditabondo, consapevole, ecc.ecc.
Insomma un pessimo individuo da anticamera , ma mi piace aspettare, lo considero un regalo a me stesso, ai pensieri liberi.
Alla fine entro, scrivanie d’epoca, qualche bandierina di partito decisamente fuori posto, un quarto d’ora a disposizione. Capisco che sa chi sono, spiego, non ho problemi, presento opportunità, ragionamenti di crescita. Il risultato non poteva che essere conseguente: inconcludente, senza alcuna prospettiva, francamente noioso.
Arriva l’inverno del nostro scontento. ma i rapaci quando si stancano di volare alti?
il tipico caso in cui l’attesa è stata più proficua dell’avvenimento conseguente…
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per me la cosa ha aspetti strani, non m’importa e al tempo stesso lo giudico un inutile spreco, fa parte del mio prendere le distanze da ciò che un tempo era importante
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tutto è relativo
se il colloquio non è stato proficuo e tu resti “leggero”, dimmi, a cosa hai dato alla fine più importanza?
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E’ l’inutilità di questo proporre, volare alto, fare cose gratuite che mi colpisce. Mi chiedo ad un certo punto della mia vita se il tracciato del vissuto corrisponda con il futuro, come se l’abitudine a vivere avesse bisogno di una verifica, e all’improvviso mi accorgessi che c’è il vuoto attorno, perché sono andato troppo avanti parlando con me stesso, o perché sono rimasto indietro seguendo un pensiero importante e ora non capisco più. Comunque sia non è scomparsa la sintonia, quella con il potere non l’ho mai avuta, ma è la pazienza del salmone che non ho più e quindi di nuotare sempre controcorrente non ho voglia. Magari ho voglia di nuotare solo per conto mio.
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non c’è nulla di male nel desiderare nuotare un po’ per conto proprio
significa che la compagnia di noi stessi basta ai nostri bisogni…
la sintonia? questo è un mondo stonato, non si riesce a scorgere un’armonia, se non circoscrivendo le relazioni all’essenziale
nemmeno con noi stessi, in fondo, è facile entrare in sintonia: diventa impossibile se ci siamo “traditi” per scelte non nostre, non sentite
ma lasciandosi alle spalle ciò che è stato, nulla è perduto: si può ritrovare il bandolo del gomitolo che siamo e guardare avanti con serenità
io l’ho fatto
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Bello! Dai, continuate. Mi piace questo colloquio a due. Curioso! Sono in attesa del seguito. E’ come l’inizio di un libro…
Iv
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