il refe grigio azzurro

Non scegliere.

Magari si potesse; è il non credere che costringe ad affrontarsi.

Si guarda il refe grigio azzurro che fa trasalire, che annoda paure, che le estrae alla luce, dicendo: se vuoi nascondi, affar tuo, non mi sfuggirai.

Sfuggire a chi, se non a se stessi. Come si potesse rinunciare alla propria inclinazione senza un cilicio che piega le teste prima dei cuori.

Ed allora emergono le paure annidate e traslate. Dalla morte all’amore, sino al sesso. E poi di nuovo a rovescio. Tutto ruota sulla solitudine, sul terrore di non essere amati.

Nell’allegria timorosa dell’inizio d’ogni guerra c’è un limite che si sposta, come un cartello di confine divelto nella furia d’invadere, che poi è paura d’essere uccisi. Ma oltre il confine, il coraggio, subito muta nel ragionare attorno alle paure, al vestirle, perchè nude non si tollerano se non nel trasalire involontario. La morte, il sesso, l’amore. Tutto assoluto, tutto relativo. La paura vestita è relativa, consente decisioni ponderate, ma è l’immagine di quella assoluta che sta dentro e pesa. E’ la bestia che, a fatica, si è sollevata dalla palude e ripete il gesto arcaico dello scrollar da dosso. Eccolo un colpo di coda del sauro che ospitiamo nella broda in fondo al cuore. Un colpo di coda per vivere, per non lasciare che l’assoluto profani la vita.

Vestire e agghindare le paure, parlar d’altro, è compito delle religioni, della delega che l’uomo fa al gruppo per sfuggire alla solitudine siderale della compagnia di sé. Il lasciapassare per uscire nel bujo ed urlare alla notte: voglio l’immortalità, voglio essere sempre immerso nella bellezza, voglio un dio che mi consoli e perdoni, voglio uscire dalla solitudine dell’assenza d’amore, voglio ricongiungermi con mia madre quando l’amore non era fatica. Voglio. E se io delego a te, tu me lo devi dare.

Ed allora il vestito consolante si trova, si relativizza l’assoluto, sarà per altri la disperazione o la forza di volare sulle proprie ali di pterodattilo: non nobis domine.

 

4 pensieri su “il refe grigio azzurro

  1. SCHOENBERG?…
    Proprio giorni fa me ne parlava un’amico stimatissimo e tanto caro a me.L’innovatore che fiore e foglia fece vibrare in suoni mai sovrapponendoli unendoli pur dentro a un ritmo diverso e proprio..Progettatore lo Schoenberg di un nuovo entro cui muoversi con gli occhi chiusi al Passato.Difficile impresa bella da tentare.Anche Brecht sarebbe stato d’accordo personalmente resto aperta alla sfida entro la consapevolezza dei limiti che ogni nuovo ha senza che il “passato” imperi e la faccia da padrone ma un pochino resti.
    Stimolanti ai neuroni sono i tuoi post,Willy della casa, e mai banali.In fede,Bianca 2007

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  2. HO DESIDERATO RI-LEGGERE
    questo post.Provocatorio e profondo,come ogni tuo scritto,del resto.Spesso,troppo spesso NON si sceglie per sciocche paturnie mentali per pigrizia a guardare (s)pudoratamente nel sangue che urla la nuova goccia di vita,reprimendola come quell’educazione (religiosa) che così fortemente istintivamente visceralmente cognitivamente abbiamo combattuto e,che, per molto o poco c’aveva castrato la possibilità d’essere felici togliendoci l’aggressività necessaria di vincere quelle paure idiote prendendole per il collo,diventando alla fine impotenti capaci e abili persino a convincersi che il “piacere” non è l’unica forza vera che libera l’uomo guardando Lassù senza infliggersi autolesioni o azioni masochistiche ma una “bestia” da tenere sotto il controllo del guinzaglio erigendole a sterili quanto sciocche forme di consolazione che SOSTITUISCONO LA VITA..
    Questa è perversione come ogni inibizione che castra il Sogno e la vita rendendoci a nostra insaputa codardi frustrati vecchi o già morti.Bianca 2007

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