nostalgia dell’eden

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Nella geometria delle nostalgie, quelle vicine con le quotidiane non scelte e quelle distanti col cosa saremmo se…, la nostalgia dell’eden è equidistante come un rumore di fondo conosciuto. L’eden è il possibile pensato, ad un passo dall’essere vissuto, se un errore d’equazione, la realtà, non l’avesse reso utopia. Per questo con buone volontà e vite spese, non si è realizzato. Forse non era possibile, oppure era solo un sogno applicato all’uomo, ma il conoscere non ci aiuta. Anzi. E colpisce guardare oggi, quelli che vedono e sanno e dicono, inciampare sul ciglio d’ un marciapiedi conosciuto: la contraddizione.

Nessuno ci salverà da ciò che sappiamo. Possiamo puntare sull’oppio della critica perenne, oppure sul momentaneo piacere della conquista, ma quella proporzionalità diretta tra conoscenza e insoddisfazione non ci abbandonerà: più hai sceso l’infero di te, più conosci ciò che manca. Non è un caso che l’indignazione si applichi ad altri.

Siamo costruttori di puzzle in cui a forza i pezzi entrano, ma il disegno non corrisponde. E la linearità delle vite ordinate, degli amori senza domande appartiene ad altri, e non ci è dato pretendere di piegare la curva delle cose. Lo sappiamo e così non è dato.