Mio bisnonno liberava le suore. Quelle di clausura in particolare.
Faceva il muratore, era socialista e spesso lavorava nei conventi. Parliamo della fine dell’ 800, la condizione di miseria spingeva verso vocazioni e storie personali che avrebbero piegato vite, destini, famiglie. Il bisnonno usava immagini semplici e diceva: ‘ndè fora, tose, cossa fasio qua dentro, fora che xe la vita, i omeni, el mondo. Pitosto de stare qua, ‘ndè fare ‘e putane. Stanote ve lasso un buso nel muro del giardin, doman de matina lo stropo. ‘ndè via, bele, finchè si in tempo. (andate fuori, ragazze, cosa fate qua dentro, fuori c’è la vita, gli uomini, il mondo. Piuttosto di stare qua, andate a fare le puttane. Stanotte vi lascio un buco nel muro del giardino, domattina lo chiudo. Andate via, belle, finchè siete in tempo)
Del resto lui aveva applicato anche in casa le convinzioni e la bisnonna che avrebbe voluto farsi suora, l’aveva sposato ed amato. Come si usava a quel tempo, anche se era un senzadio.
Lui, il liberatore, le aveva permesso di essere buona, di avere dei figli, una casa e mangiare per tutti e quando se n’è andato, non mancava nulla dell’amore possibile. Da quello dei nipoti, a quello dei figli. Forse perchè non c’era nulla da dividere se non le poche idee forti e il culto della libertà. Mi piace pensare che capisse il libero arbitrio senza sapere cos’era e che l’uomo fosse davvero importante per lui, che conosceva il lavoro e la fame. Gli fu risparmiata la parte peggiore del fascismo e non fu poco.