palestre

Le palestre sono luogo di stordimento, di reset, di confronto, di fisicità perseguita, deviata, soggiogata, liberata.

Gli sguardi sono raggi laser, istantanei e penetranti, che subito si spostano, si piegano su di sé, dipanano e nuovamente guardano.

I corpi si dotano d’occhi particolari, un sistema metrico non depositato a Sèvres, si esercita. Oscilla tra distrazione, fatica, interesse, conversazione. Soppesa, valuta rotondità, esercizi, flessuosità, grazia, dis-grazia. Come al corso, come al bar. Solo che questo è il regno degli odori sudati, di pensieri azzerati. Corrispondenze tra muscolo pensiero obbiettivo fatica. Deve finire in un lago di sudore. Solitario e collettivo. E i risultati si vedono, segno della presunta superiorità della vita agente sulla vita cogitante.
La fiera delle vanità e della sciatteria, delle invidie, dei confronti e dell’indifferenza,  oppure dell’impegno, della disciplina, dell’esercizio solitario e meditativo. Dipende. Non è solo il luogo di solitudini serali, in attesa di qualcosa che non accade. Oppure accade tanto di frequente da non avere più importanza.

Alt. E’ solo un’abitudine giornaliera per molti. I più. Una dipendenza salutare, che crea relazioni, amicizie normali partendo da un luogo che normale non è. E come in tutte le vite, anche queste che contemplano l’esercizio fisico, la fatica, la disciplina, un senso di sé profondo c’é.

Basta scegliere, i tipi umani non mutano in una palestra, solo si vedono di più. Sono più nudi, non solo negli spogliatoi, ma nella loro indifesa mostra, sono parte di ciò che vorrebbero essere. Avete presente la differenza tra desiderio e realtà, ognuno di noi cerca la coincidenza, ecco nell’esercizio fisico questo è asintotico, manca sempre qualche pezzo. Questa è la parte dell’esercizio fisico che mi affascina di più, perché non mostra nulla. Avviene tutto dentro in una nudità estrema, limpida che usa l’armonia per raccontare ben altro. Quando così non è,  perde il significato di meditazione sul sé e diventa un compitino, poco importante oltre il punteggiare la giornata, come tutte le abitudini.

Bisogna partire da questo, essere naturali, se stessi, guardarsi attorno con la levità che ammira e poi torna su di noi. C’è una libertà profonda nell’ironia di sé permette di vedere e di vedersi senza troppe analisi e scoprire che gli altri sono quasi sempre migliori, flessuosi, abili, ma con una caparbia costanza a disposizione,volete mettere la soddisfazione di avere un lunghissimo cammino davanti. 

p.s. sul filo dell’ironia pensate al signore qui presente e alla sua capacità di coordinamento