pescatore

SAM_0289

Filo sottile luccica al sole,

taglia un riflesso, si tuffa verso l’acciaio d’un amo, 

c’è vita lì sotto, oscillare morbido d’alghe,

flessuose spine dorsali a spingere squame,

un verde che colora di blu

e sprofonda, già nero, tra carcasse d’incuria e antiche alluvioni .

Basta un rovesciar di pancia,

e si vedono espanse le nubi paffute,

il verde dell’erba, i sassi che carezzano l’acqua,

lontano e sordo si sente rumore e dell’uomo le tracce.

L’uomo…

reggere una canna è impugnare un arco,

tendere una corda, 

scoccare verso l’abisso,

saggiare la cieca fortuna con la freccia che incontra il bersaglio.

Se cieco è l’arciere s’unisce il pensiero alla preda,

e l’attesa è quasi spuma di nube,

un andare di sguincio,

di chi vuol vedere e solo poco essere visto.

Unisce un pensiero l’arco e la corda,

un desiderio s’ astrae

nella freccia scagliata nel cielo rovescio

e le ore passano brevi,

l’odore di salso dell’acqua, la sera, la strada,

lo spaesato ritorno.

Impugna l’arco paziente, arma la freccia,

tendi e scocca verso l’abisso, 

la fortuna è frinire di cicale,

un salto di squame,

dei cerchi che s’allargano pigri.

Cieca la freccia cerca il bersaglio, 

danza suadente nelle acque gonfie di fresco,

e della luce, sorniona, attira un riflesso d’argento.

Ma che importa la luce,

non c’è nulla da vedere che non avveleni, 

pensieri di squame, 

d’acqua e di bolla.

Lassù la luce, 

che prima d’un balzo era solo riflesso:

non importa, non voglio,

tento la luce seppure questo è il mio mondo.

Scocca la freccia, ch’è  desiderio e bisogno, 

oscilla vogliosa di preda,

ma guizza il pensiero non pensato,

che fa di necessità la vita:

tenere a bada i bisogni è spesso saggia limitazione dei danni,

un salto è per la luce, 

un ragno d’acqua o la fortuna d’un ignaro piccolo volo… 

Nel crepuscolo salta e irride, lampo di squame,

spingendo verso casa,

la mano, l’arco, la corda,

ci sarà nuova attesa in un nuovo duello,

si perde, ora, l’eco d’un tuffo, nel fresco della sera che avanza.