Fino a stanotte speravo di ridacchiare dei metereologi, perturbazione dal Portogallo, dicevano, con forti venti ed abbassamento delle temperature. I soliti pessimisti, pensavo, ma se è tiepido. O almeno, quasi tiepido, sì è vero, la pioggia insiste a scrosci, ma il forte vento non c’è. Poi stanotte la bora ha riacceso il ciocco nel camino, ha flagellato gli alberi scuotendoli per far capire che la stagione è cambiata davvero e che le foglie è ora di lasciarle. Adesso i giuggioli, i cachi, il mandorlo mostrano frutti tardivi non raccolti, molte foglie resistono, ma la battaglia è perduta. Tra poco sarà la rugiada e la galiverna ad ingentilire ciò che rimane. L’erba vira verso il verde spento, tanto vale adattarsi. Guardavo le bandiere che indicano la forza e l’indecisione della bora. Sembra un vento circolare, da queste parti dovrebbe venire da est-nord est, siamo pur sempre nel grande golfo che da Trieste si chiude a Venezia, invece ci sono raffiche da ovest, refoli da sud (refoli si dice da queste parti; è una bella parola refoli, sono rivoli di vento, forti e consistenti, ma limitati di ampiezza, come ruscelli impetuosi d’aria che prendono ed avvolgono), che improvvisamente tacciono e vengono soverchiati da ondate di vento da nord est. Attacchi e calma, la bora è così. La penso a Trieste dove le barche non s’azzardano d’uscire, che chiude gli uomini nelle case o nei caffè, al caldo, e all’uscita prende i foresti come me, li blocca increduli, attaccati ai corrimani nelle salite, come in ferrata, mentre vecchiette sottili risalgono tranquille verso casa. La penso a Venezia dove oggi c’è acqua alta, mica cose importanti, 125 cm, ma quanto basta perché ci si incolonni sulle passerelle, la laguna sciacqui san Marco, la città prenda, fuori dai percorsi affollati, il suo carattere malinconico e lamentoso. I turisti ridono, hanno una Venezia insolita, ne hanno sentito parlare della minaccia del mare che vuol riprendersi la città, gli sembra di vivere qualcosa di irripetibile, una nave che affonda. Non sarà così, la città si salverà, ma come? Ecco sul come e su cosa resti della città e dei suoi abitanti ci sarebbe molto da dire. La bora spazza tutto, anche i discorsi, rende la pioggia quasi orizzontale, inutili gli ombrelli, lava uomini e palazzi, indifferentemente.
Avevano ragione i metereologi è autunno, anche se non fa il freddo previsto, restare nelle case e al caldo porta un tepore interiore, pigro, di luce e pensieri. Nelle pasticcerie che hanno la creanza di ricordarsi dove sono, le favette dei morti fanno bella vista con i loro colori. Il loro sapore si scioglie sul palato, si sente la mandorla, che non invade (siamo a nord), lo zucchero a granelli, la consistenza morbida e croccante. E’ possibile avere una consistenza morbida e croccante? Certo se c’è la bora che è un vento circolare, saranno pur possibili diversi sapori nello stesso tempo.
E’ la bora che ha preso la scena e scuote gli alberi, è la bora che rinchiude nelle case, è la bora che ricorda che l’estate è andata, che ci saranno mesi in cui il sole sarà un dono da cogliere, prevarrà il grigio, il marrone e l’azzurro intenso, quando il cielo vorrà donare il suo occhio agli uomini. Si vive d’autunno e s’attende, imparare la pazienza dà molte soddisfazioni in quello che verrà.
La penso anch’io, a Trieste..
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Ieri ho avuto la stessa impressione tua Will:
ci avevano avvertiti di un abbassamento di temperature di almeno 10 gradi e dell’arrivo della prima neve dai 500 metri in su. Ma nella pianura ferrarese era tiepido anche se umido, la pioggia “andava e veniva” e il sole ha fatto capolino.
Ma dalla tarda serata di ieri anche qui un vento molto forte ha spazzato tutto e fin quasi a mezzogiorno di oggi. E la neve ha spolverato come zucchero a velo le cime delle montagne che mi circondano.
Ma su una cosa devo smentirti Will, ieri ho potuto ammirare ancora dei verdi di un’intensità insolita, talmente belli che attiravano i miei sguardi.
Chissà, forse è ancora presto per il verde spento di cui parli tu?
Oppure il verde “mio” è stata l’eccezione? 🙂
In quanto a dolci croccanti e morbidi (mai mangiate le favette, sigh!) mi hai fatto pensare alla caprese che ha una crosticina esterna croccante e l’interno dolce e morbido di cioccolato e mandorle tritate (nemmeno in questo dolce del sud le mandorle invadono però 😉 ) di burro e zucchero ma senza farina,
che si scioglie letteralmente in bocca regalando un piacere intenso anche se caloricissimo (ma chisseneimporta!)
Aspetterò gennaio 🙂 e l’allungarsi delle giornate e chissà mai che prima che sia troppo tardi 😦 io non impari anche un po’ di pazienza? 🙂
Abbi pazienza 😉 tu invece ora, se mi sono dilungata così tanto…
😦
Buon pomeriggio al calduccio Will, ciao 🙂
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ci sono odori colori unici …respiro a pieni polmoni e mi riempo di questo immenso !
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L’odore della vita per chi si annoia non chiede di meglio che l’imprevisto alternato a refoli e poi a bora.
Il tuo “descrivere” lo si interpreta senza tema di sbagliare,caro signor Willyco.Porta magia di colori in un giorno che smentisce la meteorologia,giacchè il mio apparecchi o segnava il sole,tuttora lo segna, anzichè la pioggia, sberleffa,che si alterna a un lento che usura l’occhio e un pò sfinisce.
Vorrei chiamarmi MirkO un pò per burla e un pò per disturbar la koinè armoniosa ma…son obbligata a firmarmi MirkA
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Reblogged this on i cittadini prima di tutto.
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Willyco, la stessa sensazione che si respira qui.:-) Qualcosa di immutabile ma che “perennemente ricomicia” e commuove, tocca, sventola..e infine ci fa stupire, ancora.
Un pò come fa il vento quando arriva, e cogliendoci impreparati, fa quel che deve fare e se ne va. Noi restiamo lì, fermi solo per un pò, a chiederci e a meravigliarci di cio’ che e’ accaduto, di cio’ che resta e cosa o dove e con chi, ci porterà:-))
Angelica
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Il mio melograno è un alberello ancora piccolo. Sta in un grande vaso nella piccola terrazza esposta a nord. Temo che prenderà troppo freddo questo inverno: dovrà subire la tramontana. Ma non posso spostarlo, mi dicono che non si può perché le piante devono abituarsi al posto in cui vivono. E’ lì dal mese di Maggio, da quando in televisione un agronomo che teneva una rubrica sulle piante da tenere in casa me ne fece omaggio.
–“ lo trapianti in autunno mi disse, in un vaso più grande “ – . Tornando a casa mi fermai da un vivaista per comprare due sacchetti di terra e arrivato lo piantai subito. Gli davo un bicchiere di acqua al giorno insieme a tanto amore. Cresceva sicuro e in salute. Sopportava il sole spietato del sud ,i giorni di terribile afa, la calda umidità che arrivava anche all’ottanta / novanta per cento ed i giorni di temperatura intorno ai quaranta gradi. E cresceva a vista d’occhio. Io lo guardavo ogni giorno, gli sorridevo e lo incoraggiavo. Una volta mi sono seduto accanto a lui a leggere Celine e dopo un poco mi sono accorto che con il suo ramo più lungo, rivolto nella direzione nella quale mi trovavo, lui mi accarezzava, mi toccava la spalla sinistra e il collo nudo, eravamo in piena calda estate. Quasi certamente aveva chiesto l’aiuto del vento per farlo, loro si parlano, lo sanno tutti. E un giorno ha fatto un incantesimo, mi ha regalato un fiore, uno solo, di un rosso vermiglio stupendo. Lo tengo sulla scrivania accanto la tastiera del computer.
Ora è arrivato l’autunno, con la prima pioggia e un venticello fresco che vorticando sembra promettere che tornerà più forte e deciso. Le foglie del mio melograno sono diventate di un verde più scuro e cupo. Un colore intenso e meno tenero di prima. Ecco, forse si prepara a fronteggiare il nemico gelo. Io gli voglio bene e gli starò vicino. Affronterò con lui il lungo inverno e il vento rabbioso e gelido che arriverà scavalcando il vulcano. Ce la faremo, sono certo.
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Ho anch’io una piccola terrazza battuta dal vento e dal gelo, sinora ho perso poche piante. Una palma resiste impavida, così un corbezzolo, un giuggiolo, un olivo, e altre piante non spostabili. Il limone invece trasloca al riparo, assieme all’erba luigia e quello che posso spostare. E’ vero che le piante si dovrebbero abituare al luogo, ma è la terra il loro luogo e i vasi non le difendono abbastanza se il gelo è eccessivo. Comunque con delle protezioni in nailon pare che qualcosa si aiuti. Le piante, a loro modo sono devote, troppo spesso le tradiamo, come con gli animali approfittando della nostra sordità non del loro silenzio. Ti auguro che il tuo melograno ti faccia compagnia molto molto a lungo.
Complimenti per le tue fotografie 🙂
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Sono al riparo dal vento freddo che accarezza le finestre. Cerco nell’immobilità del corpo e nel respiro il riparo da quel vento gelido che mi percorre le viscere.
Pazienza, devo avere pazienza e anche se non troverò ragione di questo dolore,
piano piano si staccherà da me.
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c’è sempre una ragione Pass, spesso non la vediamo e allora non lasciamo che c’insegni qualcosa. Già la pazienza è una grande maestra, aiuta a vedere in profondità e il dolore ad avere senso, lascia che questo abbia vita propria e se ne vada.
Stai bene Pass e basta, come ti viene.
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