Dizionario personale:la raccomandata

Tra le cose d’altri tempi, vagamente circonfusa di minaccia, vive ancora la raccomandata. Già nel nome è fastidiosa e melliflua, nasconde qualcosa che chi scrive vuole gettarci addosso, ma essendo un’anticaglia da molto ormai ha perduta quella potenza inquisitoria che il postino esercitava in conto terzi: c’è una raccomandata, bisogna firmare! Adesso il postino suona (forse) e mette direttamente l’avviso in buca. La raccomandata è un articolo del tempo in cui c’era qualcuno in casa, scendeva una signora asciugandosi le mani nel grembiule, firmava e poi aspettava che arrivasse il destinatario per sapere cos’era accaduto, adesso in casa non c’è nessuno, tutti sono al lavoro e poiché i postini si ostinano a non venire di notte, la probabilità che qualcuno risponda al citofono è estremamente bassa.

Credo che il postino soffra di solitudine, che mediti molto su sé stesso e che sopratutto abbia coscienza del suo decadimento sociale. Nei tempi in cui la letteratura, le canzoni, l’immaginario collettivo gli assegnavano  il ruolo che già fu di Mercurio, la sua fatica era un canto collettivo, un inno alla circolazione delle notizie e degli affetti, ora suona campanelli senza risposta, recapita pubblicità e riviste che sono esse stesse pubblicità con qualche articolo. Resta la raccomandata e il telegramma, ma né l’uno né l’altro hanno ormai un interlocutore, quindi credo che i postini siano ormai dediti alla meditazione e al filosofare sulla solitudine umana e sull’estraniamento da sé con un carico notevole di melanconia esistenziale.

Il gestore vero delle raccomandate è l’ufficio postale centrale dove queste tornano in giacenza e così ogni volta mi armo di pazienza e di tempo, prendo un numero, aspetto un tempo variabile tra mezz’ora e un’ora e dopo essere stato identificato da un impiegato, che non può amare quel lavoro in conto terzi e quindi è annoiato e vagamente inquisitorio nel suo scrutarmi : ma lei dov’è la mattina, dove va?, finalmente mi consegnano la raccomandata.

Solitamente è un nostalgico malfidente del servizio postale che mi scrive, che notifica qualcosa e spesso impone di pagare. Questo non aiuta la mia opinione sul mezzo anzi mi verrebbe da non ritirarle più le raccomandate, lasciare che macerino nel loro livore perché non m’hanno trovato. Tanto chi conta davvero sa dove raggiungermi, mi scrive, telefona, incontra, gli altri sono solo anonimi minacciosi che si firmano: agenzia delle entrate, corpo dei vigili urbani, ente di qua, ufficio di là, tutti uniti dal fatto che qualcosa gli devo.

La raccomandata insomma è un oggetto poco gentile, adatto a tempi e toni differenti in cui l’autorità pesava davvero e sparirà la raccomandata, oh sì che sparirà, ed io non la rimpiangerò affatto. Se devo pagare o vogliono chiedermi qualcosa, lo farnno in altro modo ed io vorrei lo facessero con gentilezza, senza alzare la voce, sorridendo, tanto pagherei lo stesso e tutti saremmo più contenti.

 

9 pensieri su “Dizionario personale:la raccomandata

  1. Spesso il postino non suona neppure quando sa di trovare qualcuno e mette l’avviso di nella cassetta e se ne va 😦

    Non ritirarle non risolve la situazione, spesso la peggiora. Esaurito il tempo del deposito, se essa riguarda presunti mancati pagamenti, si innesca un procedimento che non è proprio auspicabile …

    Buona domenica, ciao ciao 🙂

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  2. Sono arcisicura che -prima o poi – una impiegata dell’Agenzia delle Entrate si sveglierà convinta di dare un senso diverso alla propria vita lavorativa:.Si recherà sul posto di lavoro ed inizierà a scrivere raccomandate in cui non si chiede niente: il solo contenuto saranno frasi di affetto del tutto gratuite. Ne manderà tantissime: probabilmente sarà messa in pensione forzata, oppure sottoposta a terapia farmacologica. Costretta a pagare il costo di tutte le raccomandate, imputata di abuso d’ufficio, riabilitata tra 10 anni. Sarà anche fondato un partito a suo nome: Raccomandate perse.
    Chissà 😉

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  3. Sai, mi piace tantissimo questa prospettiva, chissà che anche all’agenzia delle entrate ci sia qualcuno che usa la fantasia per fare la rivoluzione della gentilezza 🙂

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