Sono i nostri gli anni inutili, quelli della mia generazione, che per propria responsabilità e per la gioia della Fornero, tira innanzi anni in cui non ha vocazioni e progetto. Sono anni dove i nostri figli non crescono, anni che sono fatti di giorni spergiuri delle nostre speranze giovani, anni in cui il mondo e’ cambiato solo per noi, anni in cui lo spread tra le età continua a salire. Questo e’ il vero debito pubblico, un debito fatto di energie stanche, di luoghi comuni che hanno preso il posto della fantasia, un debito arrogante e ingiusto.
Anni inutili se vissuti senza la forza di immaginare vite nuove, prolungando giovinezze improbabili perché prive di sogni, ricche di illusioni e poggiate su zampe di cinismo. Anni senza coraggio, anni ripetuti di giovanilismi, di conti che non sono stati saldati a tempo.
Penso, invece, al coraggio dei ragazzi che vivono da precari ed ogni mattina vanno a lavorare pensando che cambierà, penso alle famiglie che costruiscono ed hanno timore di chiamarle con questo nome perché, se si lavora a tre mesi, mancano i progetti, non i sogni di famiglia. Eppure questi giovani, che sono ormai legione, continuano, cercano, provano.
Penso, anche, alla disperazione dei cinquantenni che perdono in continuazione il lavoro, ma magari la Fornero non sa che a 50 anni si perdono i lavori, non si trovano. Penso alla chiusura sociale che sta avvenendo tra chi sta bene e chi ha nulla, o ha poco.
Penso al discorso a pranzo, oggi, dove il tema del ristoratore era l’immatricolazione delle barche oltre i 12 metri in Croazia, e la grande idea di un mio coetaneo era pagare tutti poco, perché così non c’è evasione, ben sapendo che gran parte del prelievo avviene su chi non può cammuffare i propri redditi. Pensavo che se i miei anni saranno anni egoisti, saranno anni inutili, ma che in questi anni, che abbiamo a disposizione, qualcosa di buono si può fare, ad esempio, attivare una cultura che consideri l’età non come un privilegio ma un bene comune.
E comportarsi di conseguenza.
sto leggendo in questi giorni il deserto dei tartari di buzzati. mi risuonano molto nelle tue parole, alcune parti di questo libro meraviglioso.
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C’è tanto da fare, ma non disperiamo. Lo dico sempre nel mio piccolo e sento che si può allargare.
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Eppure tutto può cambiare e rinascere se la nostra interiorità ha nutrito l’esperienza del viaggio con al centro il sogno,anche se in sofferenze tridimensionali e purtuttavia non appaganti perchè incapaci di un’umanità profonda che stretta tenesse la mano forte,con lievità abbandonata senza timore di doversi difendere.
Un grande abbraccio mio filosofo dubbioso anche se di fede.Bianca 2007
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gia’.
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oggi ero a una conferenza regionale sul lavoro, i temi, le parole c’erano, ma tutto arrivava da lontano, smorzato, come privo di priorità. C’è stanchezza in circolazione.
Grazie per i vostri commenti, non ho da aggiungere a ciò che dite.
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Le tue parole mi arrivano accorate ed intense.
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Questa scena mi insegue, quasi come una persecuzione, una resa dei conti.
Non so più da quale lato della cattedra sto io.
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