Non tutto è da buttare, il corpo si tiene. Sente molto l’entropia, e la cosa è più grave per quelli che si poggiavano solo sull’aspetto, ma con una terapia radicale di accettazione si può ricollocare. La testa si tiene, anzi è lei che ci tiene. Evitare il luogo comune nettato dal pensiero, le scorciatoie, la ripetitività, la razzia nei terreni altrui, il cibo predigerito. Sarà poi così vero e poi riuscirà sempre l’operazione? E’ una fatica immane, un rigore da calvinisti d’altri tempi. Eppoi non abbiamo una cornice appropriata, chessò, il lago di Ginevra per discutere di predestinazione e libero arbitrio. Ma visto che possiamo, scegliamo il secondo. E la critica e l’ironia verso sé comprenderà il dubbio perenne, conscio che la stupità non pesa ed è invisibile a chi se la porta appresso; e che è pure, contagiosa per convenienza od accettazione. No, no. Forse non basta, ma il dovrei diventare stupido per farti contenta, lo togliamo dal pensato, ché devasterebbe noi senza alcun premio.
Concediamoci di sapere chi siamo, di non lasciare ad alcuno il compito di definirci. Allora sarà più semplice vederla negli altri, la stupidità, e tenere la direzione.
Questa del tenere la direzione è forse la cosa meno complicata, si segue ciò che si è, ci si conforma alla propria “bellezza”. Meno complicata non significa facile, e concedetemi questa stupidità di ritorno analoga all’analfabetismo…
Che poi il percorso circolare: analfabeti, alfabeti, analfabeti, si avvera di frequente, anche in chi non lo sceglie. E, se non si sceglie un percorso lineare, funziona anche con l’educazione ai sentimenti: maleducazione, educazione, maleducazione.
L’eterna discussione tra lineare e circolare è la prefigurazione del confronto tra la consunzione (ostentata, ma accuratamente espunta dalle conseguenze) del fare che brucia, e il conservare, in cerca d’eternità (condizione che riempie anche per sottrazione e con una notevole propensione ad identificare come circolare ciò che in realtà è una spirale).
Un tizzone lanciato contro il cielo nella notte, e la scienza del maneggiare il fuoco degli dei.
Scegliendo il secondo per affinità, attrezzo le mani al calore.

Maleducata lo sono stata spesso,educata ai sentimenti sempre e per istinto,educata ma col fraffio di maleducazione quando non ho compreso e che mi fa sbagliare la direzione dell’optare per l’una o l’altra faccia della stessa medaglia imbastardite perchè esenti dal lampo dell’intuizione.
Mannaggia! Sono ritornata sui miei passi prima di uscire ma non pensavo a un’altro post catturante al punto da bloccarmi il passo.Curiosità e passione del “subito” fissare.Che dannazione!
Chissà se oggi sarò maleducata?…Ma non è l’educazione,comunque, che mi fa lasciare un saluto,qui,non solo formale.Mirka
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Ecco il secondo fissato sicuramente con più calma.
“Un tizzone contro il cielo nella notte e la scienza del maneggiare il fuoco degli dei”.
Questa è POESIA,no, MUSICA .per chi l’ama e la sa ascoltare.E io credo d’averlo imparato alla fonte di Bellezze inesauribili di sapere nel silenzio assoluto delle notti quando anche il buio era fondo.
Mirka
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“Dovrei diventare stupida per farti contento” devastante lo è stato davvero come pensiero. Ma c’è un ma: simulare la stupidità o adattarvicisi comporta un dolore che non sarebbe mai disposto a sostenere lo stupido che volesse adattarsi al’intelligenza. E questo spazza via ogni possibilità di tolleranza. Almeno per me. L’educazione ai sentimenti, invece, è qualcosa che s’imbeve molto della stupidità altrui perchè frequentarla è senz’altro diseducativa. Ci si potesse anche attrezzare col migliore repertorio della cultura pedagogica da Rousseau in avanti, ci cadrebbero le braccia dopo poco. E’ una spirale – la maledizione di vedere le cose sempre più dall’alto- che allontana sempre più. Praticamente un tizzone che sale verso il cielo.
Mi domando cosa rappresenti l’immagine; tra barattoli di caffè è ometti con la tuba, nonchè bottiglie di plastica e fili elettrici, non riesco a capire che diavoleria di riciclo possa essere.
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Se si finge l’orgasmo per “amore” o semplicemente per essere lasciati in pace, con dolore si può fingere la stupidità. Ma non dura e non è il mio caso, non sono abbastanza intelligente per farlo, preda, credo, anche di un’educazione al sentimento che, accanto alla creanza, conserva la capacità di soffrire, ma di restare se stessi. Del resto l’autopedagogia ha molti limiti in chi potrebbe fare di più, ma è svogliato, meglio imparare dall’esterno e tenere il buono che ne viene.
Hai ragione sulla maledizione di vedere le cose sempre più dall’alto, è qualcosa che cresce con il tempo e seleziona ciò che davvero conta.
L’immagine è una installazione della scorsa biennale, non so bene cosa volesse dire l’artista, quando l’ho fotografata per me seguiva l’idea delle vite lineari e dell’accumulo, ma già così può sembrare un pretesto, che cresce senza spiegarla. Un’ulteriore maledizione è seguire i propri pensieri e spiegare sempre meno, chi ancora mi segue ha molta pazienza.
E lo ringrazio 🙂
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L’intelligente che s’instupidisce per opportunismo mi dà i brividi, mentre l’intelligente “costretto” a dibassarsi per un bene ritenuto maggiore, potrebbe, potenzialmente, appartenermi. Anzi, ne ho esperienza, sempre che mi si passi la presunzione di ritenermi intelligente. Però l’intelligenza quando si sposa col buon cuore può provocare un eccesso di tolleranza; mentre spesso il meno intelligente è soprattutto uno che ha sviluppato il suo potenziale come accrescimento della furbizia. Ecco perchè non mi umilierei più nemmeno di una tacca per favorire chi ritengo una mezza calzetta.
Stai tranquillo, eviterò di chiedere “cosa vuol dire” questo e quello 🙂
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La dignità è quello che ci distingue, per dignità ci si lascia tra pari e si soffre, l’umiliazione è rinunciare a quello che siamo. Sulla questione del fine grande ho una discreta esperienza, ma al massimo mi è stato chiesto di tacere. Di instupidire, mai. Molto vera la considerazione sull’eccesso di tolleranza, mettersi sempre nei panni dell’altro non ci fa bene, e soprattutto non abbiamo lo stesso odore, è l’indole che fa aggio in questo caso. Il buono quando ha un po’ d’intelligenza tende a stare zitto, a lasciar correre, l’intelligente cattivo morde sempre finché ammazza.
Poi ognuno si sceglie le frequentazioni e per quanto democratici, sulle affinità non si scherza.
p.s. chiedi pure, mi aiuta ad arzigogolare meno 🙂
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E’ sempre molto umiliante rinunciare a quello che siamo, prima ancora è doloroso. Perchè a volte l’umiliazione agisce in modo retroattivo, ed è ugualmente costernante perchè sulla limitazione dei danni avuti nel tempo poco si può fare se non ricostruire una trama sfilacciata. Che non è poco…
Sulle affinità non si scherza, è quanto di più vero. Come sul riconoscimento “a pelle”.
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Un’altra versione della bella canzone che hai postato qui sopra
Che sia una buona giornata, per te Will, e per tutti
ciao
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