Il 10 ottobre, Andrea Zanzotto, ha compiuto novant’anni. Qualche volta ha corso per il Nobel, di sicuro è un grande poeta, un veneto perché scrive nella lingua di Soligo, un Italiano. Prima di tutto un Italiano. Cosa significhi essere Italiano oggi, non è ben chiaro. Io ho un’opinione, ovvero che sia appartenere a qualcosa che rende liberi, fa crescere e sentire che si è in un progetto più grande di quello personale, fa rispettare regole e compiere sacrifici, in cambio restituisce la dignità di una cultura, una lingua, molti diritti eguali, un luogo in cui tornare, un passato da ricordare e un futuro tutto da creare. Parto dal futuro, perché Zanzotto quando parla dei disastri compiuti dalla crescita economica nel territorio della Marca gioiosa e del Veneto, non evoca un passato aulico in cui si era poveri, ma felici. No, parla dell’infelicità del passato e di quella attuale che non può essere compensata da un benessere/malessere, ma anche di quella del futuro che è priva della possibilità del bello e dell’utile. Si è passati da una infelicità ad un’altra inseguiti dalla paura di non avere e quindi di non essere. Questo novantenne è offeso, come molti giovani precari e credo appartenga più a loro che alla schiera di intellettuali conniventi, giovani e vecchi, che sostano nelle anticamere del potere. Si può obbiettare che è un vecchio vizio degli intellettuali colpire la miseria dei tempi, scrivendo nelle case calde, contando su prebende e privilegi che certo un operaio non ha. Non è il caso di Zanzotto, scrive in veneto, potrebbe star tranquillo, essere chiamato a benedire qualche inaugurazione e invece rispetta ciò per cui ha vissuto, la Resistenza, il Paese. Insomma la sua vita, che quest’uomo riconosce e che negherebbe se non dicesse quello che ha sempre detto. Anche quando si era poveri. In Russia si dice che i poeti sono terribili perché vedono oltre la realtà, ne colgono il futuro e quindi lo predicono. E questo futuro esige che l’uomo, inteso come costruttore di un progetto di cui si conoscono fini e rischi, lo prenda in mano.
Per molto tempo, anche ora, sono stato tra quelli che hanno favorito la crescita economica. Ovvero ho aiutato imprese ad insediarsi, ho cercato di far in modo nascessero posti di lavoro stabili e alla luce del sole, ho pensato naturale che lo sviluppo fosse possibile con l’uomo, non contro di esso. L’uomo ha sempre trasformato il mondo in cui è stato, ha divorato specie, eliminato montagne, piegato (così gli pareva) la natura a sé. E’ necessario ora trovare la compatibilità tra questa pervasività/trasformazione e la capacità di equilibrio/rigenerazione. Già oggi un centinaio di giorni prima della fine dell’anno abbiamo già consumato le risorse del pianeta dell’intero anno. E questo accade e peggiora ogni anno. Il tema è tutto qui: come arrivare ad un bilancio che segni un pareggio e non un deficit da consegnare al futuro. Non sono un apocalittico, ma non ho neppure così tanta fiducia che la scienza risolverà tutto, e tantomeno la politica. Entrambe rispondono al principio di profitto prima che all’interesse comune, e il principio di profitto comporta che la somma di ciò che costa sia inferiore al prezzo a cui si vende. Tutto questo agisce su ciò che apparentemente non ha costo, anche Marx lo considerava tale, ma almeno allora, un umanesimo nei fini c’era. Quindi decrescita felice. Credo che questo sia il messaggio di Zanzotto, unito ad un senso civile talmente alto da far capire che il bene comune comincia in casa, nel quotidiano, nei pensieri, nel vedere davvero lo sfacelo in cui siamo immersi, nel provare speranza e perseguirla, nel dire basta: fermiamoci, pensiamo.
Questo è un territorio bellissimo, il tempo cancellerà le ferite, ma è il passaggio, questa stagione ad essere cruciale. Non riesco a trovare volontà di cambiamento, priorità che dicano che capire, studiare, prima di fare, è essenziale. Esistono gli strumenti: le valutazioni di impatto ambientale, le fattibilità, i piani industriali. Basta capire cosa si vuole raggiungere, qual’è la priorità. Consapevolmente rallentare, non perché ce lo impongono gli altri che stanno consumando più di noi, ma perché questa è la scelta consapevole. Oggi la priorità è il lavoro. Ma quale, quello precario che divora persone e territorio, oppure altro, e che sia stabile, che permetta alle persone di vivere, non solo di comprare cose. Negli strumenti che ho citato, la legge è il tetto con cui bisogna trovare la compatibilità, ebbene, questo non basta più perché ogni volta che si ragiona nel particulare, il generale subisce un’ulteriore peggioramento. E noi viviamo nel generale, non solo nel particulare. Da anni vengono proposti modelli e realizzazioni compatibili, anzi a impatto decrementante, io stesso lo faccio. Non si fanno perché costano. Ecco, bisogna sfatare la fanfaluca che sia possibile mantenere inalterate le componenti economiche ed avere miglioramenti determinanti, ma assumere un costo chiaro non dovrebbe essere un problema, proprio perché comunque adesso c’è comunque e lo si assume in forma surrettizia, attraverso tutte le altre componenti di costo sociale. Una proposta potrebbe essere di detassare gli investimenti che vanno in direzione di un miglioramento ambientale, che fanno immobili energeticamente attivi, che non alterano il ciclo delle acque e dell’aria, che accettano di sottoporsi a protocolli di salvaguardia ambientale commisurati al luogo in cui si insediano perché le compatibilità sonodiverse da luogo a luogo, e così via. Molto meglio che finanziare i pannelli solari nei campi coltivabili e soprattutto meglio che dire: crescete, poi qualcuno provvederà. Perché non provvederà nessuno, se non si provvede ora.
L’Italia, non la padania, è il settimo paese industriale al mondo e se riconquistasse un ruolo più alto nelle potenze dell’intelletto, della cultura, inizierebbe una considerazione diversa per questo Paese. Non penso solo al banale ritornello dell’investire nella ricerca, senza dire dove e perché vanno i soldi, ma del progetto di avere premi Nobel, di essere un paese che importa intelligenza e non la cede ad altri, di creare un modello di pensare la crescita partendo da ciò che si ha. Ma noi abbiamo un ministro del bilancio che dice che la cultura non fa pil, dove volete che possiamo andare. Il grande imbroglio della crescita è questo: far pensare che questa sia altrove da dov’è , non mostrare i luoghi in cui avviene, occultare il bilancio vero per ciò che si fa, dicendo cosa si dovrebbe fare. E questo purtroppo non è solo dentro le fabbriche, ma anche nel mondo del sapere, nella sua creazione e trasmissione, della criticità di esso. Non ce l’ho con la scuola e tantomeno con gli insegnanti, senza di loro questo mondo non si cambia, non si vede. Mostrate il mondo, fatelo vedere ai ragazzi, ditegli che si può cambiare. Di questo parlo e di questo mi parla Zanzotto.
Grande post,rigoroso signore della casa! Grande post!
L’intellettuale vero,è anche coraggioso e non si nasconde dietro alibi irrazionali dell’inconscio piuttosto che alla coscienza o alla ragione,riducendo ad “astratte dinamiche di gruppo” i concreti problemi di potere che insorgono tra le persone e nelle masse; riducendo il problema collettivo della libertà all’adattamento individuale (creativo e di valore) a una realtà socio-ambientale inevitabilmente precostituita,e controllata dall’alto.L’intellettuale,il poeta come Zanzotto,insorge quando s’imbonisce o si mistifica o s’interpreta la realtà non corrispondente alla verità dei bisogni,nascondendo,reprimendo (imbavagliando) ogni possibilità d’intervento politico delle masse e delegando la politica ai “tecnici” costringendo i singoli a concepire la loro libertà come a una “dimensione privata” dove ancora una volta saranno i tecnici della “manipolazione psicologica” a rimuovere gli ostacoli più fastidiosi con pillole tranquillanti che insultano le intelligenze e insieme la dignità.E così che si crea un sistema.Un sistema,però, a vantaggio solo delle classi dominanti,rovesciando ogni ordine sociale e portando alla completa rovina le forze produttive,moltiplicando servi e schiavi anzichè uomini liberi e apportatori di valore/i per il bene comune.
Gran bel post! Con vero e immenso piacere mi associo con tanti tantissimi auguri per Andrea Zanzotto. A TE una serata veramente piena e serena.Bianca 2007 .
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Contenta che qualcuno si ricordi del nostro più grande poeta vivente. Eppure anche a scuola è molto raro sentirlo. A presto, Es.
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