Di molte persone conosciute negli anni del ribollire, conoscevo anche una seconda attività. La passione vissuta altrove. Chi recitava, altri suonavano, non pochi scrivevano, fotografavano. Tutti facevano altro, era un essere accessorio. Sottovalutato. Eppure era quello vero.
Scopro in una pagina di internet, una locandina di qualche anno fa. Il regista è un mio antico compagno di sindacato, ora scomparso. Di lui mi ricordo gli interventi sempre un po’ a sinistra mia, poi basta. Il sindacato, le categorie, sono fortilizi. Anche allora, faglie di mestieri, ciascuno difendeva competenze che facevano scomparire gli uomini.
Accadeva ovunque, del ragionar per circoli. Del mio compagno di banco in consiglio provinciale, conoscevo la passione politica, il parlare che si ascoltava molto, il mestiere di dirigente puntiglioso. Uno scassacoglioni dicevano i sottoposti, ma la sua passione per la danza non la conoscevo. E mi sorprese vederlo ascendere come organizzatore di stagioni importanti di spettacoli.
Ho ignorato abbastanza, non mi sono stupito a sufficienza degli amici scultori, dello scrittore avvocato poi famoso, del notaio pittore, ma anche dell’insegnante di istituto d’arte, le cui opere fotografiche sono al Moma, e poi dei chirurghi poeti e pittori, dello psichiatra che scriveva testi teatrali. Mi è sfuggito l’importante sotto la coltre di ciò che sembrava il centro della persona, ovvero la politica o l’abilità professionale. Quello che aveva un valore economico o sociale. Devo dire che analoga sorte toccava a me, si stupivano i miei compagni di lavoro o di politica, del fatto che scrivessi, o fotografassi. Ci si rideva su assieme per un poco e si passava ad altro, in fondo nessuno vuole veder dietro l’apparenza: è troppo coinvolgente.
Però l’importante era l’altra natura. Il doppio che riservavamo a noi e ai pochi che potevano capire quanto fosse vitale. Il doppio, ovvero quello che non mostriamo con facilità, quello a cui teniamo e che contiene i desideri, l’essenza di noi. Anche il dolore di non essere contiene, la fatica della maschera dell’altro, il tempo che manca, l’insoddisfazione, la penombra della libertà. Il doppio contiene la reale misura di sé, ciò che vorremmo esibire, ma non si può, se non quando prevale il successo, il valore economico appunto.
Il dilettante si diletta dell’opera sua, la tiene come proprio piacere e dannazione, e su questa costruisce un io altrettanto poco vero dell’altro, perché non può vedere la luce, mostrarsi.
Il doppio, il bagatto. Scandagliate, scandagliate tanto non mostrerete, spesso neppure a voi stessi, la vostra vera natura. Si dovrà leggere tra le righe, andare per percezione, come se l’unica vita vera non fosse quella esterna, ovvero ciò che si mostra, e cogliere invece l’altra che s’agita altrove. Questa sì, più importante e vera.
Adesso sono più attento, ho perso troppi pezzi sull’apparenza. Il metodo è togliere il giudizio, cercare di capire dove sta davvero chi mi è davanti, non tutti ovvio, ma solo chi m’interessa. E cercare di capire più le passioncelle, che i titoli o le abilità.
Quanti peccati sacrileghi per sotto valutere!
Io capolista! Eppure proprio in quel “doppio” svelato e non rivelato sta l’arcobaleno dei più bei colori naturalmente destinali alla Gioia così spesso negata.Che il TUO giorno sia realizzato con tutti quei pennelli.Bianca 2007
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L’apparenza mi ha sempre attratto relativamente. Per carattere amo cercare quel “oltre”: tento di percepire le vibrazioni invisibili di chi mi sta di fronte, provo a capire se quella indossata è una maschera o il vero se stesso. E se mi può interessare come persona, nella sua centralità. Una ricerca difficile perchè, è vero, tendiamo tutti a nascondere la nostra vera essenza. Che sia il timore di venire contaminati, e quindi, da impuri, sia la paura di non percepire più i sussurri della nostra anima? E’ un rischio reale se ci si “concede” a chiunque.
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Credo che la timidezza oltre alla convenzione sociale, giochi molto sugli interessi primari e secondari delle persone. Magari invertendone l’ordine, apparentemente. Del resto non pochi parlano del proprio lavoro come un atto necessario e dovuto, ma al tempo stesso si guardano bene dal dire quale sia il loro reale interesse, come se questa zona grigia fosse riservata. E magari lo è davvero, magari è inconfessabile, magari…
Gioca molto anche il giudizio altrui, quello che davvero oscura quello che hai definito “i sussurri della nostra anima”, se qualcosa a cui tengo viene svilito, sono io ad essere svilito.
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non commento gli ultimi post per doveroso rispetto alla tua profondità. è tutto lì. egregio sig. willyco, mi inchino e suggo parole. grazie.
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Asp posseggo abbastanza autoironia per sapere dove arrivo,;-) e mi mancano i tuoi commenti e le tue musiche
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ah le seconde attività..le vere passioni del cuore, là dove ti porta…io adoro le tutine di latex e rocco : secondo te lo dico o non è abbastanza poetico ? 🙂
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Tu in tutina spopoleresti miss Minnie io farei venire il latex alle ginocchia 🙂
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In quanti di noi c’è un “secondo”accartocciato, che grida e disperatamente cerca di liberarsi dalle catene, dai
bavagli, dai lacci che la quotidianità gli aggroviglia intorno. Tutto ciò spesso accade silenziosamente,
invisibilmente, apparentemente involontario, casuale, ecco perchè quando si manifesta ci trova stupiti, sorpresi.Ma
non è un fatto ne silenzioso, ne invisibile e involontario, tantomeno casuale. Sono poche, secondo me, le persone che
possono sentirsi veramente appagate e realizzate dalla immagine primaria o meglio da quella visibile che vivono.Il più
delle volte,viviamo ciò che ci è consentito vivere, ciò che abbiamo creduto di scegliere, ciò che abbiamo considerato
il meglio. Ma, la nostra vera essenza, quella che cosciamente e, non, abbiamo immolato sull’altare dell’inserimento e
del vivere, pulsa e con prepotenza viene fuori, meravigliando per primi noi stessi. Ed è così che dietro gli scuri,
protetti da quell’intimità rassicurante, un giorno qualunque, il grigio ragioniere, la donna sempre indaffarata,
l’impiegato ammuffito, lo scopino o il professore, per magia e alchimia si trasformano in altro: il “secondo”, ovvero
il tesoriere a cui hanno affidato sogni, desideri,piaceri, potenzialità, doti, segreti e misteri, è lì presente a mostrare e manifestare quanto di divino ci sia dentro ciascuno.
Grazie willy….il tuo “secondo” mi piace tantissimo.
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Il sotto pelle, il sotto traccia, il sottobosco… Chissà perché sono proprio le “cantine” a contenere gli oggetti più interessanti… A presto, Es.
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Personalmente ho vissuto 1000 vite e ho fatto un sacco di cose sia nella vita pubblica che in quella privata. Non mi stanco mai di cercare…. tutto sommato sarà perchè non ho ancora deciso cosa voglio veramente fare da grande 🙂 Ma c’è speranza prima o poi uscirà la mia second and last life.
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last life e perché? 🙂
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per trovare un buon rapporto con il mio doppio c’ho impiegato molto tempo e soprattutto ho dovuto ridimensionare l’altro che non era una buona compagnia.
Ciao Vera 🙂
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quello che mettiamo in disparte esige attenzione.
A presto Es
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sono qui http://ilmiokiver.wordpress.com/
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